Bossi dà l'ultimatum al Cav: dimissioni poi Alfano premier
La Lega dà al premier altre 24 ore di tempo. Oggi, col voto sul rendiconto, sarà valutato il numero di astensioni. Il testo dovrebbe passare - così come auspicato anche dal Colle - ma se la maggioranza dimostrasse di non essere più autosufficiente «si aprirà una nuova fase». Lo ha spiegato ai suoi Umberto Bossi, che ieri ha radunato lo stato maggiore del Carroccio in via Bellerio prima di spedire Roberto Calderoli ad Arcore per fare il punto della situazione. Cosa sia la «nuova fase», anche i padani non l’hanno ben chiaro. Ieri il premier li ha rassicurati: ce la faccio, ho i numeri. E sia gli azzurri che gli alleati nordisti hanno smentito seccamente che la missione di Calderoli nella villa brianzola servisse per ottenere un passo indietro a favore di Angelino Alfano. La voce è stata diffusa da alcune agenzie di stampa, ma a dire la verità la pista non è così campata per aria. Il nome dell’ex Guardasigilli circola davvero tra i leghisti, ma al massimo potrebbero buttarlo sul tavolo domani, quando lo scenario rischia di cambiare per lo sbriciolamento della maggioranza. Di più. Bossi è convinto che la palla sia esclusivamente nel campo del Pdl. Lo ha spiegato anche Roberto Maroni domenica sera, ospite di Fabio Fazio: l’emorragia tra gli azzurri sta sgonfiando la maggioranza, e se non ci sono più i numeri - ha detto in sostanza il titolare del Viminale - è meglio andare al voto. Il Senatur allontana con forza pure l’ipotesi di un esecutivo a guida Gianni Letta, anche se l’attuale sottosegretario è uomo di fiducia del Cavaliere. I più ottimisti tra i lumbard immaginano che la caduta di Berlusconi possa avvenire tra un paio di settimane, attribuendo al premier la capacità - quasi suvrumana, a questo punto - di superare le burrasche violente delle prossime ore. Ma gira e rigira, Bossi dovrà fare i conti con una nuova pagina che mette la Lega spalle al muro. Ieri non ha passato il pomeriggio ad Arcore, ufficialmente «per non caricare di significati la visita». E ai suoi ha spiegato: «Non tradiamo». Il Senatur ha giurato che non sarà lui a staccare la spina. Se proprio il Cavaliere dovesse arrendersi, l’idea ufficiale della Lega resta quella delle urne anticipate. Come detto, dietro le quinte avanza il progetto Alfano che serve per stoppare altri nomi assai più sgraditi (Letta, appunto) e sarebbe utile per puntellare le fila del centrodestra. Parecchi colonnelli leghisti restano disorientati, e ammettono che «tutto dipende da Berlusconi». Le voci - che si riconcorrono fin dal mattino di ieri - di imminenti dimissioni del Cavaliere hanno spiazzato pure loro, anche se più d’uno ammette: «A questo punto, meglio che crolli tutto in fretta...». Bossi e i suoi sono preoccupati anche dal destino di alcune riforme come il federalismo, perché temono possa subire improvvise frenate. Però c’è un dato oggettivo: l’assenza di Umberto, ieri ad Arcore. Se proprio la Lega pensava a un ultimatum, l’avrebbe lanciato il capo padano in persona. Invece Umberto ha dato spazio alla diplomazia di Calderoli, quasi a dimostrare che non c’è il desiderio di alzare ulteriormente il livello di tensione. In serata, il titolare della Semplificazione e il leader del Carroccio sono tornati a Roma. Con Berlusconi sono rimasti d’accordo che - come ipotesi più probabile - la squadra di governo dovrà subire delle modifiche. Saranno decisive le prossime 24 ore. Decisivo quel rendiconto che aveva già mandato sotto il centrodestra, meno di un mese fa. di Matteo Pandini