Fuga dal Pdl: incubo quota 306 L'ultima speranza è Pannella
Uno in più per la maggioranza, ma di sicuro nel Pdl non festeggia nessuno. Il voto “nuovo” coincide con la morte di un deputato, il pugliese Pietro Franzoso, in coma da settembre dopo essere stato travolto da un cancello nell’azienda di famiglia. Per forza di cose non era presente in Aula alle ultime votazioni, assente ultragiustificato il giorno dell’ultima fiducia, il 14 ottobre, quando la maggioranza di centrodestra ha raggiunto quota 316. E l’opposizione ferma a 301. A Franzoso subentra Luca D’Alessandro, giornalista e capo ufficio stampa del Pdl. Il suo voto è sicuro. Silvio Berlusconi e Denis Verdini, l’uomo dei numeri, il coordinatore noto per essere una “macchina da guerra” nel reclutamento delle truppe, ostentano ottimismo: non scenderemo sotto i 316 dell’altra volta. Il libro dei sogni parla anche di 320 voti a favore. Si spera in Marco Pannella, leader dei Radicali, e nei suoi sei deputati che possono davvero fare la differenza. Ma, pallottoliere alla mano, i conti non tornano e ieri sera, in un vertice a Palazzo Grazioli con Gianni Letta e Alfano, qualcuno agitava lo spettro dello stop a 306, numerino cerchiato in rosso anche in via dell’Umiltà, sede del partito. È la previsione più nera, al momento. Primo banco di prova: martedì, quando a Montecitorio sbarcherà il Rendiconto dello Stato. «Potremmo farcela, ma anche andare sotto. Non abbiamo la palla di vetro e in queste ore può accadere di tutto». Dall’altra parte, tra Pd, Idv, Terzo Polo, fatti due calcoli si tocca quota 307, cifra che comprende anche 14 del Misto e 6 dei Radicali, l’ago della bilancia. Per il Pdl sarà un’altra giornata di fuoco: capogruppo e vice, Cicchitto, Baldelli e Corsaro, come al solito fanno i miracoli per avere tutti in Aula presenti per votare. Ma se sul Rendiconto non dovrebbero esserci colpi di scena, è un eventuale mozione di sfiducia della sinistra, cioè una verifica sul governo stesso a destare maggiori preoccupazioni. Perché il premier, finora, non ha avuto dubbi: finché ci sono i numeri vado avanti. Però, dopo la lettera dei frondisti ex azzurri le sicurezze non sono più così granitiche. Lui stesso, dicono, potrebbe perfino fare un passo indietro, anche se prima parlerà con ognuno degli scontenti per convincerli a restare. All’ultima fiducia erano già “fuori” i due scajoliani Fabio Gava e Giustina Destro e l’ex Responsabile Luciano Sardelli, che ieri insieme a Milo e a Scotti ha scritto una lunga lettera a Berlusconi in cui chiede di allargare lo schieramento a tutti i moderati. Mercoledì si è aggiunto il capo dei nuovi frondisti Roberto Antonione, che ha già dichiarato di non essere disposto a dare il sì alla fiducia. Inoltre, in due sono passati all’Udc (D’Ippolito e Bonciani). Morale: quota 314. Però c’è la new entry D’Alessandro per cui si sale a 315. Ma se si tolgono gli altri ex azzurri firmatari della missiva frondista (Bertolini, Stracquadanio, Pittelli) incavolati neri si scende a 312. A loro, poi, si deve sommare una piccola galassia di scontenti la cui partecipazione al voto pro-governo non è scontata. Scilipoti si fa desiderare, Pippo Gianni ne fa una questione di percentuali, Roberto Marmo indeciso. Quattro ex Fli (Urso, Ronchi, Scalia e Buonfiglio) sono passati al Misto con una loro componente, ma di tornare con Fini non se ne parla. La Bergamini ha smentito fughe. Eppure, secondo i centristi, almeno in 18 starebbero mollando il Pdl. Da qui il fantasma del 306. Francesco Pionati, leader dell’Api, ha tuonato contro i traditori: «I malpancisti sono mossi da questioni personali. Attaccano Silvio proprio adesso». Il partito è in fibrillazione. Si tenta perfino di portare Alfonso Papa, ora ai domiciliari, in Aula. La maggioranza tiene, avrebbe ribadito il Cavaliere, che non ritiene possibile che lealisti come Stracquadanio possano tradirlo. «Chi lascia il Pdl è fuori». La Bertolini non ha gradito. Paolo Russo, scajoliano doc, ha partecipato all’incontro all’hotel Hassler, ma non ha firmato il documento: «Sono convinto che Berlusconi saprà trovare una soluzione. Io non sono uno che abbandona il vascello in tempesta». Russo parla per sé, ma anche il resto degli scajoliani sarà leale con questo governo. Il ddl stabilità deve passare invece al Senato il 15 novembre e la fiducia potrebbe esserci il giorno dopo. A Palazzo Madama la maggioranza ha sempre viaggiato serena, ma da qualche tempo i pezzi scricchiolano pure lì. Ieri se n’è andato al Psi il senatore Carlo Vizzini, dichiarando l’intenzione non votare più la fiducia. Al posto del Pdl Stancanelli è subentrato il finiano Strano e il gruppo di Beppe Pisanu si agita da tempo per fare asse con il Terzo Polo. di Brunella Bolloli