L'ultimo tatuaggio è da matti: sulla pelle la faccia di Misseri

Costanza Signorelli

Farsi un tatuaggio è una scelta delicata, l’immagine che si porta sulla pelle diventa un simbolo dei propri valori e un marchio d’amore. Maradona si è fatto tatuare Che Guevara, perché era argentino come lui e per l’ostinata fede nella revolución cubana. Gli attori di Hollywood si fanno tatuare a getto continuo i nomi dei partner o astrusi motti latini che non saprebbero mai pronunciare, come Angiolina Jolie: “Quod me nutruit, me destruit” (ciò che mi nutre, mi distrugge). Janet Jackson ha vicino al pube una Minnie che abusa di Topolino. Amy Winehouse sfoggiava nell’interno del braccio una pistolera in hot pants, una specie di Calamity Jane in versione sexy. I giovani pugliesi, invece, sembrano preferire Zì Michè. Nome d’arte di Michele Misseri, lo zio della povera Sarah Scazzi, la 15enne al centro del cosiddetto giallo di Avetrana. L’uomo che ha fornito sette versioni differenti circa il proprio coinvolgimento nel delitto, e che ormai, ritenuto del tutto inaffidabile dagli inquirenti, è divenuto l’ennesimo fenomeno da baraccone del mondo mediatico. Ma non solo di quello, ora la sua fama arriva anche sulla pelle degli appassionati di tatuaggi. Lo rivela Leila Huma, organizzatrice di eventi e presentatrice della Florence Tattoo Convention, un raduno di tatuatori in programma domani a Firenze. Intervenendo alla presentazione della manifestazione, ha raccontato: «Mi trovavo all’inizio dell’estate in Puglia e durante un party è arrivato un ragazzo tutto serio che mi ha mostrato sul polpaccio il ritratto di questo personaggio: cosa che non ho assolutamente apprezzato, e ho manifestato improvvisamente il mio dissenso con una risata e una critica costruttiva». Non è dato sapere quale sia stata la critica costruttiva, forse sostituire Michele con un’immagine di qualche idolo pugliese sostitutivo come Antonio Cassano o Checco Zalone. Già lo scorso giugno si avevano le prime avvisaglie della trasformazione di Zì Michè da mostro snaturato a supereroe tatuato. Il programma tv “Quarto Grado” aveva riferito di un tatuatore barese che aveva ricevuto inquietanti richieste di alcuni clienti che volevano farsi effigiare con la faccia di Misseri. Se si chiede il perché di un simile fenomeno a un’intenditrice come Leila Huma, non se ne ricava molto: «Sta all’etica e alla cultura del tatuatore accettare o meno simili richieste», ha spiegato, «il tatuaggio deve essere un mezzo artistico di comunicazione: posso capire il tatuaggio di un idolo, anche politico, e lo trovo estremo, ma trovo assurdo che questo soggetto possa essere ritenuto un idolo». Che sia assurdo farsi tatuare Misseri è sicuro, ma giudicando così i ragazzi che lo chiedono, non capiremo mai cosa passa nei loro cervelli. Forse bisognerebbe fare uno studio molto preciso, e controllare innanzitutto dove scelgono di farselo tatuare. Non siamo degli esperti, ma presumiamo che un Zì Michè sul petto sia diverso da un altro Zì Michè in fronte. E suggeriamo a Leila Huma, o agli altri tatuatori che ricevessero la richiesta, di optare per la fronte, anche se il cliente sceglie un’altra zona corporea. Il faccione avvizzito di Michele Misseri, col suo berretto da pescatore e lo sguardo acquoso, mentre pronuncia l’ennesima frottola circa l’assassinio della nipote, adornerebbe magnificamente la fronte indubbiamente spaziosa di quei ragazzi genialoidi che lo vedono come un idolo. Cari ragazzi, troppo facile farsi tatuare Zì Michè sul polpaccio o tra le parti intime. Se volete essere davvero controcorrente lasciatevelo tatuare in modo che sia sempre ben visibile sul vostro corpo. Non temete di nascondere il vostro nuovo eroe, colui che ha spodestato il calciatore famoso, la bomba sexy, il rivoluzionario sudamericano. Se poi volete fare proprio il botto, e dimostrare quanto siete imbecilli, potete spingervi a farvi tatuare 7 volti di Zì Michè, uno per ogni versione da lui fornita sulla ricostruzione dell’assassinio e dell’occultamento di Sarah. Su fronte, guance e collo, ce n’è tanto di spazio. Siamo in Italia, e qualche semiologo o sociologo del disagio giovanile vi giustificherà, e otterrete un invito a casa di Zì Michè per un bicchiere di vino e ascoltare la sua nuova versione. di Giordano Tedoldi