Spunta la casta dei monnezzari Più soldi per non pulire
E poi dicono che i rifiuti, in particolare quelli napoletani, non sono una ricchezza. Certo, tutto dipende da che parte state della barricata, se da quella del cassonetto stracolmo e maleodorante o da quella della gestione del problema. Ebbene, se siete al di là della trincea della “munnezza”, vi può capitare di portare a casa non uno ma tre stipendi. E non perché abbiate liberato le strade del capoluogo partenopeo, sistemato le discariche e messo a regime i termovalorizzatori, ma perché siete stati semplicemente nominati commissari ad acta. Insomma, la casta, quella con i privilegi a prescindere, i cavilli giuridici studiati a tavolino, le stranezze amministrative, non si annida solo nei palazzi della politica romana, ma vive e lotta anche in periferia. A Napoli, nel caso in questione, la realtà supera addirittura la fantasia. Sui costi dello smaltimento dei rifiuti in Campania è stato detto e scritto molto, considerato l’impegno personale profuso dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel tentativo di spezzare la perversa spirale dell’emergenza continua. Nonostante gli sforzi fatti, l’impiego dell’esercito, i decreti varati a tempo di record, dal cilindro dell’italica furbizia è spuntato un altro cavillo che riguarda i commissari di nomina regionale. Secondo quanto denunciato dal Mattino di Napoli, i responsabili straordinari del piano rifiuti, nominati a gennaio e in carica sino a dicembre, percepisco il doppio stipendio e, in un paio di casi, persino triplo. Eppure la legge che regola la materia prevede che i prefetti e gli esperti invididuati dal presidente della Regione lavorino gratis. Siccome siamo in Italia, a Napoli nel caso in questione, l’avvocatura dello Stato ha stabilito che un compenso a titolo di indennità deve essere pagato ai commissati ad acta. Secondo l’interpretazione dei legali lo stipendio, o indennità che dir si voglia, deve essere finalizzato non solo al pubblico interesse ma anche «al decoro della funzione». Che cosa intendano con questa aulica affermazione, onestamente, è difficile dirlo. Devono essere ben vestiti? Viaggiare su auto di lusso? Boh. E pur di assicurare questo decoro gli emolumenti mensili vanno dal 70 al 95 per cento della retribuzione del «personale dirigenziale apicale della Regione» che guadagna, secondo quanto scritto del decreto, 4.468,42 euro lordi al mese. A questi vanno aggiunti i rimborsi di tutte le spese «di vitto e di trasporto documentate e correlate all’espletamento dell’incarico». Tutti soldi che escono dalle casse delle amministrazioni locali e che vengono sottratti alla gestione dell’emergenza rifiuti. L’effetto più evidente di questo spreco “legalizzato” è sotto gli occhi di tutti. L’anno è quasi passato, il piano con il quale si sarebbe dovuta affrontare l’emergenza è stato effettivamente varato, ma le discariche non sono state aperte. La provincia di Napoli, tanto per dirne una, sta ancora cercando l’accordo con i sindaci interessati. A beneficiare di questo trattamento privilegiato sono i sette responsabili dell’attuazione del programma del piano rifiuti. Annunziato Vardè si occupa delle discariche, Alberto Carotenuto del termovalorizzatore di Napoli est, Pasquale Manzo, Gennaro Russo, Carmine Gambardella, Giovanni Ferrari e Vincenzo Belgiorno dei vari Stir (stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti) sparsi per la Campania. I sette commissari avrebbero dovuto appaltare i lavori per aggiungere i processi di stabilizzazione agli impianti di tritovagliatura, ma la meta è ancora lontana, nonostante il doppio o il triplo stipendio. di Enrico Paoli vai al blog