Come la crisi ti cambia la vita: dagli stipendi alle pensioni...
Spread, differenziale, btp, bund. Una serie di paroline con le quali nostro malgrado abbiamo cominciato ad avere particolare confidenza dalla scorsa estate. Da quando il mostro "sempre più grosso" previsto già anni fa, agli albori della crisi, dal ministro Giulio Tremonti ha cominciato a mangiarsi, dopo Portogallo, Grecia e Irlanda, anche l'Italia. Tra manovre, manovre bis, contromanovre, promesse, interventi della Bce e timidi dati relativi alla ripresa industriale, la tempesta pareva essere passata. Balle. E' bastato un tentennamento italiano sulle pensioni e, soprattutto, la suicida mossa referendaria di Atene (che chiede al popolo se è disposto a dissanguarsi. Provate a immaginare la risposta?) per scatenare un uragano. I dati sono in perenne evoluzione. Per capirsi la Borsa italiana perdeva 7 punti percentuali, mentre l'ormai celeberrimo spread, dopo le flessioni delle ultime settimane, in una manciata di ore aveva ritoccato record impensabili, attestandosi oltre i 450 punti base rispetto al Bund tedesco, titolo di riferimento. Gli scenari ora sono neri, nerissimi. Ma che cosa significa quanto sta accadendo sui mercati interconnessi della moneta unica? Cosa sta succedendo e che cosa potrebbe succedere ancora? La gente comune in che modo potrebbe pagare quest'ultimo capitolo della grande crisi? Le casse dello Stato - Per cercare di fare un po' di chiarezza è bene ripartire ancora dallo spread, da quelle tre cifre che misurano la differenza tra il rendimenti dei nostri titoli di Stato e quelli tedeschi, presi come pietra di paragone poiché considerati a ragione veduta i più affidabili. Tutto ormai sanno che più quelle tre cifre salgono più l'Italia rischia. Ma in che misura? La prima ripercussione di un differenziale stellare è sulle casse dello Stato. Più è alto lo spread - che in termini percentuali diventa rendimento, ora oltre il 6% - più lo Stato deve pagare per onorare i debiti assunti con i titoli di Stato. Se un investitore scommette su cedole che non offrono la certezza di essere ripagate, è ovvio che debba godere di maggiori rendimenti. E questi rendimenti maggiorati devono uscire dalle casse del Tesoro. Il punto di non ritorno - Ora, c'è una soglia di non ritorno? Sì. Il punto è stabilire dove stia. Ad agosto si sussurrava: oltre il 6% di rendimento l'Italia non potrà ripagare il debito. Ora che il rendimento ha sforato la quota limite si fissa l'asticella al 7 per cento. Di sicuro se c'è un punto di non ritorno vi siamo molto vicini: lo Stato non può permettersi di collocare a lungo Btp con un simile rendimento. Per capirsi, Grecia e Portogallo quando hanno sforato la quota del 7% sono state costrette a chiedere aiuti all'Europa, aiuti che potrebbero realmente non salvare i due Paesi (secondo un documento della Troika trapelato la scorsa settimana, Atene sarebbe già tecnicamente fallita). Le spread e le banche - La crescita del rendimento non ha ripercussioni soltanto sulle casse dello Stato già gravate da uno dei debiti pubblici più alti al mondo. Le ripercussioni sono pesanti anche per le banche del Paese, che sono i primi acquirenti di titoli di Stato italiani. Gli istituti hanno in cassaforte miliardi di titoli a rischio insolvenza: la conseguenza è il crollo in Borsa delle banche, che rischiano di non avere a disposizione la liquidità su cui contavano. Il risultato è che gli istituti di credito traslano le loro difficoltà sulla clientela, stretta nella morsa del credito alle imprese e alle famiglie. Se di acqua ce n'è poca, gli istituti chiudono i rubinetti. Il ruolo della Bce - La Banca centrale europea, in deroga a quanto previsto dal suo statuto originario, da agosto compra titoli di Stato italiani, cercando così di mitigarne il rendimento: gli acquisti significano fiducia, e la fiducia fa calare il fattore rischio, ovvero il rendimento. Secondo le stime di alcuni analisti l'intervento della Bce vale tra gli 80 e i 100 punti di spread sui titoli italiani: senza l'Eurotower, in linea teorica, il differenziale sarebbe intorno a 550 punti e il rendimento oltre il 7% da tempo: e in linea altrettanto teorica saremmo già ampiamente falliti. Quindi un altro dato: nei prossimi due anni, secondo le cifre del Tesoro, l'Italia vedrà andare a scadenza circa 500 miliardi di euro di debito. Il costo di un incremento pari a 100 punti di spread, secondo le stime di Goldman Sachs, è pari a circa 18 miliardi di euro per il nostro Paese. Ossia, da giugno a oggi il tesoro paga 36 miliardi di euro in più di interessi sul rifinanziamento del debito. Una cifra che permette di comprendere la portata esplosiva di un aumento incontrollato del rendimento: i 36 miliardi accumulati in qualche mese spazzano via quasi completamente i (teorici) introiti di manovre spalamate su anni e anni. Ripercussioni sui mutui - Il rialzo dello spread dei Titoli di Stato italiani, come spiegato, si traduce per le banche in maggior rischio e in maggiori costi nella ricerca di liquidità. Nuovi costi che, puntuali, si abbattono sul cliente. Il tasso di un mutuo viene determinato dai tassi di riferimento europei - che sono stabili, se non addirittura in calo - e dallo spread bancario, ossia il ricarico applicato sui finanziamenti: in una congiuntura particolare il finanziamento per la banca è un azzardo: ne segue che lo spread degli istituti schizza. Così, pur calmierato dal tasso di riferimento europeo, il costo dei mutui è in costante crescita. Secondo l'ultimo bollettino dell'Abi (Associazione bancari italiani), in agosto il tasso di interesse medio si è attestato al 3,5% rispetto al 3,22% registrato solo il mese precedente. Il costo medio di un mutuo spalamto sul totale dei suoi anni è cresciuto del 10,8%: una clamorosa stangata. In questo contesto va anche tenuto presente che il costo del denaro (all'1,5%), stabilito dalla Bce, è a livelli irrisori e passibili di un ulteriore abbassamento: il dato contribuisce a mitigare il costo dei mutui, che alla luce di questa considerazione si rivelano ancor più salati. Come districarsi con gli investimenti? - Difficile, quasi impossibile, dire che cosa sia meglio fare oggi per un piccolo o medio risparmiatore. La prima considerazione, per assurdo ma non troppo, è che gli investimenti sui titoli di Stato italiani non sono mai stati tanto invitanti come oggi. I rendimenti sono altissimi, e investire su titoli a breve scadenza, come tutte le cose "rischiose", può essere molto interessante. Gli investimenti più sicuri, oggi, paiono quelli in materie prime o in petrolio, materiali la cui corsa sembra senza fine - al contrario per esempio di quella dell'oro, che dopo aver macinato record per più di due anni ha cominciato a sgonfiarsi significativamente. Gli investitori più smaliziati e con una forte propensione al rischio potrebbero puntare proprio sui titoli bancari: cedole sulle montagne russe (ricordiamo SocGèn la scorsa settimana) che sono in grado di guadagnare il 20% in una singola seduta (ma anche, e soprattutto, di perderlo). Rimangono poi gli investimenti in valute, anche se i governi dei Paesi su cui si concentrano gli acquisti stanno facendo di tutto per proteggere la loro divisa da una iper-valutazione (vedi Giappone e Svizzera). Cosa può succedere - In un contesto esplosivo quale è diventato quello italiano - le cifre dicono chiaro e tondo che il Belpaese ha superato la Spagna nella classifica dei Paesi più a rischio - la paura è che l'Italia sia costretta ad adottare misure draconiane come la Grecia. Cosa è successo, in estrema sintesi, ad Atene? Il Parlamento ha votato un piano (che ora verrà sottoposto al parere referendario) che prevede un drastico taglio a pensioni e stipendi pubblici, lo sfoltimento con l'accetta dei lavoratori statali, l'abbassamento della soglia di esenzione fiscale (anche chi guadagna 600 euro al mese dovrà pagare), è stato previsto un prelievo di solidarietà una tantum (da noi era stato paventato col nome di contributo di solidarietà). Inoltre, tra le varie misure, Atene provvederà alle privatizzazioni: in soldoni saranno altri durissimi tagli, poiché verranno privatizzate disastrate aziende statali, che per essere salvate dovranno piegarsi allo sfoltimento. Questi gli scenari peggiori - ma drammaticamente possibili - e gravidi di tutte le conseguenze che potrebbero avere per stipendi e consumi.