Le accuse di Gianfranco Fini L'uomo incollato alle poltrone
No che non è un partigiano, ha ragione Gianfranco Fini a respingere una simile accusa all’indomani dell’ultimo show in tv. Lui appartiene piuttosto alla categoria di quelli che se non possono più usare l’olio di ricino, allora affilano la lingua scarsamente tagliente, cercano una infamità minore da sibilare, premettono con sorrisetto gongolante, che fa il paio con quello stampato da sette otto anni sulla faccia di Floris, nel caso l’interlocutore non fosse abbastanza esperto di infamità, che «sarò un po’ cattivello», poi sparano nientemeno che «c’è una signora che è andata in pensione a 39 anni», che sarebbe nientemeno che la moglie di Bossi. Manuela Marrone prende infatti 766 euro al mese, come pensione, ed è a tutti gli effetti un pessimo esempio di baby pensionata del tutto legale, al pari di alcuni milioni di italiani, evidentemente avrebbe molto da imparare in termini di lavoro, fatica e redditi ottenuti dall’attuale signora Fini. Con lo stesso autocompiacimento nel corso dello stesso programma, Fini ammicca che «C’è un deficit di credibilità del nostro governo enorme anche a livello europeo. Ho molti dubbi che generici impegni siano sufficienti. Imbarazzo europeo Gli altri Paesi difendono i loro interessi difendendo i nostri interessi. Il contagio minaccia tutti», proclama che all’indomani delle imbarazzate scuse dell’Eliseo e della cancelleria tedesca per le infelici battute sull’Italia, significa che Fini si sente invece vicino a Sarkò, sarà forse la tendenza a coprire gli affari delle rispettive suocere a unirli idealmente. Infine l’affondo, mentre siede vicino vicino a Nichi Vendola, uno che fino a qualche anno fa avrebbe voluto bandire dall’insegnamento ai ragazzi, e che oggi guarda con amorosi sensi, naturalmente politici: «Se non vara la patrimoniale, il governo, è perché il più ricco contribuente italiano si chiama Berlusconi». E qui Vendola giustamente ha la faccia un po’ sorpresa e un po’ seccata di quello che si vede rubare un antico e sudato mestiere di comunista, ma dimentica che l’altro è in campagna elettorale, tutta da solo decisa, con il suo bel simbolo, nome breve ed efficace, con quei sondaggi purtroppo al 4%, praticamente una strage di quel che fu Alleanza nazionale, ma Italo lo ha rassicurato, in qualche modo ci si aggiusterà, basta sparare su quello che li ha portati tutti dove sono. Senza precedenti Una cosa del genere non era mai successa in tutta la storia dell’Italia repubblicana, si dice sempre ma stavolta è vero. Il 25 ottobre dell’anno 2011, inutile che gli amici del Terzo Polo, come Casini, fingano che ci sia stato solo un programma televisivo, un Presidente della Camera è entrato ufficialmente in campagna elettorale a Camere non sciolte, non solo partecipando ad un dibattito televisivo, non solo unendosi entusiasticamente al teatrino della politica che chi occupa temporaneamente la terza carica dello Stato dovrebbe evitare, e che i suoi predecessori hanno correttamente evitato, ma peggiorando con le sue insulse frecciatine la situazione già compromessa a sufficienza del dibattito politico. È come se l’arbitro di una partita di rugby già faticosa e pesante si mettesse a menare colpi, e pure alle spalle. Ieri mattina pretendeva invece di sedersi nello scranno alto della Camera, come se nulla fosse, e pure con una delle sue impossibili a vedersi cravatte, del tutto inconsapevole di aver svilito una istituzione a presiedere la quale evidentemente non era il caso che venisse promosso. Il Colle Impeachment non ce ne sarà, inutile illudersi, perché non c’è la forza, un tempo si diceva le palle, nella maggioranza di imporre che se ne vada a fare il leader del suo partito, perché è difficilissimo, anzi impossibile, dimostrare tecnicamente che l’uomo è indegno, figuriamoci super partes, perché l’opposizione lo copre strumentalmente, non perché lo stimi né perché pensi di prenderselo, altra vecchia storia, infine perché Giorgio Napolitano nonostante la pesantezza e l’evidenza della sovrapposizione di ruoli, non dice una parola, e sì che al Quirinale le rampogne non vengono lesinate e che è filtrata la notizia che la sortita di «Ballarò» sulla signora Bossi non è stata apprezzata dal Colle. Fini continuerà a fare da presidente della Camera in carica la sua campagna elettorale precoce, non solo perché così spera di recuperare consensi oggi deboli ma perché così, in assenza di partito e struttura, può proditoriamente utilizzare il vantaggio del ruolo. Sondaggisti Risultati? Vedremo, al Cav si consiglia di schierargli contro interlocutori pesanti, che sappiano usare non solo l’arma dell’indignazione, dargli del lei e scuotere la testa, ma che colpiscano sotto la cintura. Scrive Luigi Crespi, sondaggista e consigliere di immagine suggerito da Bocchino, che «non più paludato nello scranno-bara di Montecitorio, Fini ha menato come un fabbro. Con le mani libere e lontano da Berlusconi ha davanti praterie». Tanti auguri, caro presidente della Camera, per la lunga cavalcata e anche per la compagnia prescelta. di Maria Giovanna Maglie