Italia, Paese delle scommesse Boom delle puntate online
L’Avvocatura generale della Corte europea si prepara a dare un altro smacco allo Stato italiano in materia di giochi e lotterie. Domani il “Pubblico ministero” della giustizia comunitaria consegnerà ai togati con base nel Lussemburgo le conclusioni sull’ennesima diatriba che coinvolge il nostro Paese e la sua gestione “protezionistica” del mercato delle scommesse. E se la storia tende a ripetersi, verso fine anno, all’arrivo della sentenza, l’Italia dovrà cambiare per la quinta volta le norme che regolamentano il settore. Non è detto. Ma visti i precedenti, è altamente probabile. In questa occasione i giudici dovranno pronunciarsi sulla legittimità delle attività svolte da società di diritto straniero, ma europeo, sul nostro territorio, sulle distanze minime tra i negozi, sulla mancata revoca delle vecchie concessioni: ai tempi del ministro Bersani, il governo procedette verso una sorta di liberalizzazione della gestione del gioco ma tenne in piedi pochi e importanti paletti grazie ai quali, di fatto, si impedì l’accesso a colossi del gioco del Vecchio continente. Alcuni dei quali, a furia di spallate e di ricorsi (vinti) ai Tar, sono riusciti ugualmente ad aprire un varco tra le fitte maglie della legislazione tricolore. L’Italia permette alle società che ottengono una concessione dall’Aams (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) di operare sul proprio territorio, ma chiude le porte a coloro che ne hanno una di un altro Paese comunitario. Roma parte dal presupposto che i giochi sono “sicuri” solo se vantano il suo sigillo, se la società che li propone è di diritto italiano e se non ha pendenze legali con la nostra avvocatura. Questo per evitare infiltrazioni malavitose e il riciclaggio di denaro sporco. Ma è la stessa “Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali” messa in piedi dal nostro Parlamento, a smontare l’intero castello. L'ANTIMAFIA Secondo la Commissione le infiltrazioni malavitose sono possibili e documentate anche nel circuito “autorizzato”. La lotta alla criminalità va dunque fatta delegando severi controlli alle forze dell’ordine sul territorio in cui viene aperto il punto di raccolta delle scommesse, mentre «la licenza può essere concessa altresì ai soggetti ... che gestiscono, per conto terzi, con qualunque mezzo, anche telematico, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. La disposizione si applica agli intermediari di società anonime ovvero con sede ubicata all’estero». Questa modifica all’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza proposta dalla Commissione antimafia, riconosce insomma la serietà degli operatori comunitari, indipendentemente dal Paese in cui hanno ottenuto la licenza. Basta che «l’intermediario» produca «la documentazione idonea» e rispetti le regole. Ma allora perché lo Stato ha eretto una tale barriera all’ingresso? La risposta la dà la stessa Commissione antimafia: per soldi, altro che ordine pubblico. La proposta di modifica normativa «appare opportuna anche perché risulta evidente il contrasto stridente tra le esigenze di difesa dell’ordine pubblico», scrive la Commissione tra le conclusioni del documento presentato lo scorso luglio, «e il massiccio ricorso dello Stato al settore del gioco, attraverso il quale persegue l’obiettivo di incrementare il gettito fiscale». Il ministro Tremonti poi, non ne fa mistero: «Il dicastero dell’Economia-Monopoli di Stato emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate», si legge nella finanziaria 2011. Per il Fisco, insomma, il gioco è una gallina dalle uova d’oro. Tra il 2003 e il 2009 il comparto ha registrato una crescita media di fatturato del 20,9% (da 15,1 a 54,3 miliardi di euro) e del 13% nel 2010 a 61,4 miliardi. Per il 2011 è prevista una raccolta pari a 70,5 miliardi. Il settore online ha registrato un vero boom: 30 i miliardi previsti per quest’anno, 40 per il prossimo, pari al 25% del mercato mondiale. Eppure se nel 2009 le entrate erariali sono risultate pari a 8,8 miliardi, nel 2010 sono scese dello 0,8% nonostante la raccolta sia aumentata del 13%. LE ENTRATE FISCALI Questo perché gli italiani cambiano gusti e si sono appassionati a giochi dove il Fisco ha un margine minore: “giochi di abilità a distanza”, come i videopoker o “giochi a base sportiva”, come le scommesse. Guarda caso settori in cui sono fortissimi i bookmaker stranieri. Molti dei quali rispettano rigidissime regole per promuovere, come si dice nell’ambiente, un gioco “legale e responsabile”; esattamente come fanno le nostre. Khalid Ali è il segretario generale dell’European Sport Security Association (Essa), associazione con sede a Bruxelles che riunisce una quindicina di società di scommesse e che collabora con federazioni sportive come Fifa, Uefa e Ioc. Lo scopo dell’Associazione è quello di prevenire frodi e denunciare sospetti illeciti. «Ciò che facciamo è raccogliere dai nostri iscritti le segnalazioni di scommesse anomale e, se è il caso, aprire indagini interne e portare tali anomalie a conoscenza delle società sportive», dice Ali a Libero. Lo scorso anno sono stati aperti fascicoli su oltre 50 incontri sportivi. Nessuna società italiana di scommesse è però iscritta all’Essa. di Antonio Spampinato