Tremonti chiude alla Svizzera Pdl: dice no a 20 miliardi

Giulio Bucchi

Ci sono 15 miliardi di euro che agitano da qualche settimana il Pdl. Sono quelli che potrebbero arrivare da una bozza di accordo fiscale con la Svizzera che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, avrebbe nel cassetto da qualche mese senza averne mai discusso in consiglio dei ministri. La ratifica dell’intesa non è per altro così misteriosa: si tratta di una bozza assai simile a quella che le autorità svizzere hanno sottoscritto con il governo di Angela Merkel in Germania e con quello di David Cameron in Gran Bretagna. Dopo lunghi anni di trattative con la Ue sui capitali di molti evasori dei Paesi membri e un forcing per la caduta del celebre segreto bancario elvetico, Germania, Gran Bretagna e Svizzera si sono accordati per una via di mezzo: non si tocca il segreto bancario, le autorità di Berna (a essere più precisi le banche svizzere), faranno però da esattore fiscale per conto sia di Gran Bretagna che di Germania. Scopriranno quindi i capitali esportati illecitamente o lecitamente da quei paesi e li tasseranno riversando al legittimo sistema fiscale gli introiti ottenuti. Ma resterà intatto il segreto bancario e quindi l’anonimato dei tedeschi e dei britannici. Un po’ come dire che la Svizzera punirà il peccato e non il peccatore. Ebbene, anche se pochi ne erano a diretta conoscenza all’interno dell’esecutivo, la Svizzera ha preparato una bozza- fotocopia di quell’accordo anche per l’Italia, inviandoli al ministero dell’Economia. E qui nasce il giallo. Secondo alcuni ministri Tremonti avrebbe tenuto nel cassetto quella bozza per lunghi mesi, senza nemmeno fare presente al capo del governo e ai suoi colleghi di avere lì una carta da 15 miliardi di euro che sarebbe stato possibile giocarsi nel cuore di agosto per il manovrone aggiusta-conti e magari in alternativa a provvedimenti socialmente più pesanti. Dal ministero dell’Economia è uscita clandestinamente- forse per mano di qualche funzionario- una bozza di quell’accordo con la Svizzera, con tanto di relazione tecnica che avrebbe dato un incasso per l’Italia di 15 miliardi di euro per il primo anno e di 5 miliardi di euro per ogni anno successivo. Utilizzata per tempo avrebbe potuto dare almeno 20 miliardi di euro nel triennio 2012-2014. La bozza clandestina è finita in mano a un altro ministro dell’esecutivo ed è iniziata a girare nel Pdl fra numerosi mormorii, accompagnata naturalmente da retroscena sempre più roboanti sul ruolo che stava giocando in proprio il ministro dell’Economia.  La stessa bozza, con i retroscena allegati, è circolata anche al di fuori dell’esecutivo e della sua maggioranza parlamentare (finendo ad esempio nelle mani del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni e del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per citare due esponenti politici fatti parte del giallo Svizzera). Chi ha chiesto le ragioni del comportamento al ministero dell’Economia, si è sentito rispondere da Tremonti che lui era contrario a quell’accordo, inaccettabile perché avrebbe protetto gli evasori più incalliti, quelli che nemmeno avevano aderito alle due sanatorie del governo sullo scudo fiscale, assicurando loro a vita l’anonimato. In teoria anche per chi ha aderito agli scudi fiscali citati esisterebbe la protezione dell’identità, stabilita dalla legge. Questa però è più teorica che sostanziale, perché gli intermediari sono in possesso degli elenchi della clientela che ha aderito allo scudo e attraverso l’Ufficio italiano cambi e il pressing sugli stessi intermediari alla Agenzia delle Entrate non sarebbe impossibile alzare il velo su quell’anonimato virtuale. Nel caso Svizzera invece la lista degli italiani resterebbe anonima, conosciuta dalle sole banche elvetiche a protezione del segreto bancario. Una condizione accettata da Germania e Gran Bretagna in cambio del recupero a tassazione di quei risparmi dei loro connazionali. Una volta tassati non sarebbero comunque più considerabili capitali evasi. Per tedeschi e inglesi questo ha significato andare a recuperare almeno 5-6 miliardi di euro all’anno dai loro connazionali. Le banche svizzere per altro all’indomani dell’accordo hanno già versato un anticipo di circa 2 miliardi di euro sulle somme che verranno prelevate alla clientela tedesca e britannica. Certo, si può condividere le ragioni di chi pensa alla cassa facile che si farebbe e quelle di chi considera un favore immorale agli evasori firmare quell’accordo. Quel che non è piaciuto al Pdl è l’avere tenuto nel cassetto per mesi quella bozza, di fatto lasciando dibattito e decisione finale al solo ministro dell’Economia. Ed è questo punto che scalda particolarmente gli animi tanto più in un momento in cui vengono chiesti interventi socialmente difficili sulle pensioni. Nelle ultime 48 ore forse anche per questo le resistenze di Tremonti sembrano essere più morbide, e non è escluso che proprio dalla Svizzera possano arrivare i capitali necessari allo sviluppo. Anche se formalmente anche firmando oggi non potranno che arrivare nel 2013. di Fosca Bincher