Pensioni, la soluzione ce l'ha Maroni
Un giorno e una notte di trattative per dimostrare che la Lega non ha regalato nulla. Ma oggi, anche col sì dei padani, il governo potrebbe presentare l’accordo sulle pensioni. Dal cilindro dovrebbe uscire lo scalone proposto da Roberto Maroni quand’era titolare del Welfare, tra il 2001 e il 2006. È questa la mediazione che Umberto Bossi pare intenzionato a digerire, dopo che ieri mattina i suoi colonnelli avevano annunciato il niet a qualsiasi ritocco. Aveva cominciato il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni (intervistato da Maurizio Belpietro su Canale 5): «Siamo sempre contrari». Gli aveva dato man forte Rosi Mauro, vicepresidente del Senato e leader del sindacato padano: «Siamo pronti a scendere in piazza». Era seguita riunione in via Bellerio, Milano, dove Bossi è stato raggiunto da Federico Bricolo, Roberto Calderoli e Roberto Cota. «Teniamo duro» ha stabilito il Senatur. «Sentiremo le richieste ma abbiamo già dato» ha aggiunto Maroni da Roma. Risultato: ore di faccia a faccia prima del consiglio dei ministri tra Bossi, Berlusconi e Tremonti non sono bastate per ammorbidire il movimento del Nord, preoccupato da una riforma che sarà anche imposta dall’Europa ma che avrebbe effetto soprattutto sui lavoratori settentrionali. Umberto ha quindi tenuto il punto, facendo pesare tantissimo ogni concessione. In serata, gli spifferi di palazzo suggeriscono il ritorno alla legge Maroni e che prevedeva - a partire dal 2010 - un’età minima per la pensione di anzianità di 61 anni (62 per gli autonomi), aumentabile di un anno nel 2014. La legge del 2004 che conteneva lo scalone nel 2008 da 57 a 60 anni di età minima per la pensione anticipata, poi cancellata da Prodi, disponeva un aumento dell’età anagrafica più veloce della legge Damiano ora in vigore (61 anni di età minima per i lavoratori dipendenti solo nel 2013). In sostanza: la Lega accettò questa mediazione nel 2004 e potrebbe fare lo stesso in questo momento. «Speriamo» ammettono fonti maroniane. Probabilmente, però, il passaggio a 62 anni come età minima sarà previsto prima del 2014 mentre sarà inserita un’età minima per l’uscita anche per chi va in pensione con 40 anni di contributi, e che adesso può accomodarsi sulle panchine del parco in qualsiasi momento. Dietro la battaglia sulla previdenza, però, si nasconde anche l’ennesimo scontro interno al Carroccio. Una rottura sulle pensioni potrebbe spalancare le porte a una crisi di governo. A quel punto, più che le urne anticipate sarebbe probabile un esecutivo tecnico. Che cambierebbe la legge elettorale, spazzando via i candidati calati dall’alto previsti dall’attuale Porcellum. Un’eventualità che penalizzerebbe soprattutto il cerchio magico, ovvero i colonnelli vicini alla famiglia del Senatur, che contano di pesare di più nella scelta degli aspiranti parlamentari. Per tutti i leghisti, allora, è meglio tirare almeno fino al 2012. A quel punto, in caso di caduta del governo, ci sarebbero solo le urne anticipate. Col Porcellum. Cerchisti e maroniani si scannerebbero per scegliere i candidati. Con un’avvertenza: sbagliare oggi le scelte sulle pensioni potrebbe rendere inutile lo scontro sulle candidature di domani. Perché il Carroccio rischia di veder prosciugati i suoi serbatoi elettorali. Reguzzoni ridimensiona i litigi: «Da noi c’è maretta come negli altri partiti». In serata, Bossi e i suoi cenano con Berlusconi e Tremonti. La trattativa sulla previdenza continua. di Matteo Pandini