La linea durissima di Maroni: "Chi va in piazza deve pagare"
Chi sfila paga. Il provvedimento potrebbe essere inserito già nel prossimo Consiglio dei ministri: una sorta di fideiussione per manifestare. Gli organizzatori dei cortei dovranno dare garanzie economiche per riparare ad eventuali danni di chi scende in piazza. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni nella sua informativa al Senato sui disastri di sabato. Linea dura, stop al buonismo, perché c’è un nuovo terrorismo, ha esordito. Si chiama «terrorismo urbano» e il 15 ottobre ha colpito Roma con tremila delinquenti incappucciati il cui obiettivo era «ricreare l’incidente di Genova». Il morto in piazza. Il martire non c’è stato, ma i numeri parlano da soli: 5 milioni di euro di danni, 105 feriti tra le forze dell’ordine, di cui 58 carabinieri, 35 poliziotti, 12 agenti della Finanza e 35 manifestanti. Siamo solo all’inizio di questo «autunno caldo», se è vero, come ha dichiarato uno dei leader del movimento No-Tav alla Stampa, che domenica in Val di Susa «succederà qualcosa di brutto». Ci sarà nuova battaglia e gli uomini in divisa saranno ancora nel mirino. «Invito gli amministratori, i sindaci e tutta la gente per bene della valle a dissociarsi da queste dichiarazioni». Applaudono tutti nell’Aula di Palazzo Madama, destra e sinistra per una volta alleati della polizia e uniti nel condannare lo sfascio. Ma quando Maroni annuncia le nuove misure per contrastare i teppisti, partono i distinguo. Intanto, dopo la retromarcia di Di Pietro sull’ipotesi di una legge Reale bis c’è stato qualche mugugno anche nel governo. Il Guardasigilli, Nitto Palma, ha ricordato: «Siamo usciti dal terrorismo senza leggi speciali e riusciremo nello stesso modo ad arginare l’area del dissenso». Si parla di norme specifiche anti-black bloc: dal Daspo (il divieto di accedere alle manifestazioni sportive), esteso alle manifestazioni, agli arresti in flagranza differita, ai fermi preventivi, all’arresto obbligatorio per chi viene trovato in possesso di kit da guerriglia urbana. Sabato mattina a Castel di Leva, fuori Roma, sono state fermate e identificate quattro persone che avevano in auto armi, bulloni e mazze pronte all’uso, ma gli agenti hanno solo potuto denunciarli, non trattenerli, perché la legge non lo consente se il fatto non è stato ancora commesso. Ora, invece, insiste il ministro leghista, bisogna arrestare preventivamente. Anche perché l’organizzazione era nota, i centri sociali sono i soliti: Acrobax a Roma, Askatusuna a Torino, Gramigna a Padova, più i Carc di Latina e i Corsari di Milano, gli ultras e i Fedayn romanisti, gli skinhead del Rash e soprattutto la galassia anarco-insurrezionalista che agisce, a livello internazionale, all’interno della Federazione anarchico informale. Però i vandali che hanno incendiato piazza San Giovanni erano quasi tutti italiani, Maroni fa nomi e cognomi e assicura: erano ben preparati. Volevano assaltare le sedi di Camera e Senato, e solo grazie alle forze dell’ordine non sono riusciti. Importante, poi, è responsabilizzare gli organizzatori dei cortei obbligandoli a «prestare idonee garanzie patrimoniali per gli eventuali danni provocati». E non sono poi così tanti i sindacati che possono permettersi una simile spesa. In termini di risorse per la sicurezza, il ministro ammette che «non è stato facile», ma dal ministero dell’Economia «siamo riusciti a ottenere 60 milioni di euro per l’ordine pubblico. Trenta arriveranno già a fine anno. Il mio impegno è di ottenere la cancellazione completa dei tagli». In Aula toni accesi tra il capogruppo dell’Idv, Felice Belisario che accusa il governo, e il senatore Pdl Domenico Gramazio, che si è visto distrutta la sede di piazza Tuscolo. Per il vicepresidente dei senatori della Lega, Lorenzo Bodega, «lo Stato deve reagire in modo unitario, come fece con le Brigate Rosse». di Brunella Bolloli