Troppi messaggi, anche inutili Liberateci dall'abuso di e-mail
Immagino che quanto all’uso e abuso quotidiano di mail voi tutti siate nella mia condizione. Da una parte benedire ogni giorno e ogni ora questo strumento formidabile di comunicazione in tempo reale, prova definitiva (assieme alle foto in bikini di Brigitte Bardot) dell’esistenza di Dio; dall’altra maledire ogni giorno e ogni ora questa tortura cinese sotto forma di centinaia di mail che ti arrivano quotidianamente senza che tu minimamente le abbia volute e che passi non so quanto tempo a cancellare, e non fai a tempo a cancellare le ultime cinque mail che già il computer schiocca a segnalare che ne sono arrivate almeno altre cinque. E nemmeno parlo delle 30-40 mail giornaliere che arrivano a segnalare la possibilità di diventare ricco in cinque minuti giocando al poker elettronico, oppure a promuovere dei cronografi che somigliano a quelli di marca e che costano poco, oppure ti invitano a fornire i dati personali della tua carta di credito in modo che loro furboni possana clonarla e utilizzarla alla faccia tua, oppure ti vorrebbero vendere i farmaci che del tuo strumento virile farebbero un marchingegno tale che Manuela Arcuri al solo vederlo andrebbe giù di schianto. Queste che ho elencato sono le spine di uno strumento utilissimo, e contro questa invasione non c’è niente da fare. Il punto è un altro, riassunto dal detto: dagli amici mi guardi Iddio perché dai nemici mi guardo io. In fatto di tortura cinese il peggio infatti viene dagli amici, e a loro mi rivolgo supplice. Nella speranza che vogliano mettere da parte la loro vanità, e dunque rispettare il poco tempo della giornata che mi resta dopo aver riempito moduli fiscali, dopo aver risposto a scocciatori che vorrebbero gli facessi un lavoro gratis o a gente che non sentivo più da vent’anni e che mi telefona a chiedermi un consiglio sul come pubblicare le loro poesie. A loro mi rivolgo supplice. Agli amici. Cara amica che sei un’artista e pensi ovviamente che una tua eventuale mostra sia il centro dell’universo mondo, che ne diresti se la prossima volta non facessi quello che hai fatto ultimamente: di telefonarmi avvertendomi di questo evento capitale, di mandarmi poi dieci o più mail a dirmi che l’inaugurazione sarebbe stata il giorno tal dei tali, a mandarmene cinque o sei il giorno in cui l’inaugurazione è avvenuta, a mandarmene ancora altre dieci a ricordarmi che la mostra durerà sino a tutto ottobre e poi ancora altre a sottolineare l’importanza dell’evento, la necessità imprescindibile che io prendessi un treno o facessi un autostop fino a Milano per godermi il tutto. Caro amico che fai il giornalista e che scrivi intelligentemente anche tre o quattro pezzi al giorno fra note e noterelle e articoli veri e propri, e me li mandi tutti, ogni giorno. E io non ce la faccio proprio a leggerli tutti, anche perché non ho ancora letto tutti i romanzi di Dostoevskij e sono anni che rimando la rilettura di un Don Chisciotte letto affrettatamente da ragazzo. Non pensare che io sottovaluti il tuo lavoro, l’ho detto che sei bravo e intelligente. Solo che non posso dedicare ore della mia giornata ad apprezzarlo. Se anziché mandarmi tre o quattro articoli al giorno tu me ne mandassi uno ogni dieci giorni, non pensi che io lo accoglierei con più interesse e curiosità? Ci conto, lo spero. Cari amici e amiche che fate un lavoro di pubbliche relazioni e che avete un indirizzario di poveri sventurati (quorum ego) cui spedite prima e durante e dopo gli annunci di tutti gli “eventi” che congegnate da Torino a Pechino, e qualcuno di voi è arrivato al sadismo di inventarsi una mail al giorno per ogni giorno che ci separa dalla data dell’evento fatidico, vi rendete conto di star facendo una violenza inaudita a degli innocenti (quorum ego)? Caro amico che lavori in televisione e che del tuo lavoro hai fatto un brand di successo (congratulazioni!), saranno dieci anni che mi torturi con tre o quattro mail settimanali in cui mi annunci che farai quella data trasmissione, che sarai ospite in quella data trasmissione, che avrai un pubblico oceanico in quella data manifestazione pubblica che stai organizzando con gran fanfara, che festeggerai il tuo compleanno a quel modo o a quell’altro modo clamoroso. Non c’è un istante della tua vita pubblica o semipubbica di cui tu non mi dia notizia via mail. Ti passa sì o no per la mente che mi stai estenuando le balle, e che io sono un principe della buona educazione a non averti inviato in questi dieci anni una mail zeppa di “vaffan”? Caro amico che fai una trasmissione radiofonica cui ho avuto la sventura di essere invitato una volta, ti supplico di togliermi dal tuo indirizzario. Dico questo perché il tuo ufficio stampa mi tormenta pressoché quotidianamente con annunci relativo al tuo lavoro, al tuo pensiero, alla tua genialità nel fare questo o quello. Non che io dubiti della qualità e della genialità del tuo lavoro. C’è che mi rompo le balle. E se adesso prendessi questo articolo e lo spedissi via mail a tutti quelli del mio indirizzario elettronico? Così imparano. di Giampiero Mughini