Montezemolo fa lo stratega Pomicino però lo delude
La domanda è: «comprereste un’auto usata da quest’uomo (foss’anche una Ferrari)? Gli dareste in mano il volante del Paese?». Il primo atto politico dell’ “Italia dei carini” - direbbe Crozza dell’Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo - non è un gesto estetico, o il frutto di un think tank o di un advocacy group. No. Nasce come intrigo di palazzo dalla più flaccida fisiognomica democristiana. Paolo Cirino Pomicino. Accade che la notte prima del voto di fiducia berlusconiano, la forma astrale di Luca Cordero di Montezemolo s’impossessi del corpo di Cirino Pomicino; il quale, levatosi di soprassalto, in trance andreottiana comincia a telefonare come un pazzo a tutti i parlamentari incerti chiedendo loro di non votare la fiducia perché Montezuma li avrebbe «accolti a braccia aperte». La notte, per Luca, è un’affezionata location. Conferma il sottosegretario Aurelio Misiti: «Questa notte Montezemolo ha contattato Giustina Destro e Fabio Gava, convincendoli a voltare le spalle al Cavaliere. Ha preso contatti con altri. Di sicuro con Catia Polidori...» (e il Berlusca sbuffa: «Montezemolo voleva convincere Polidori a mollarci. Sono stata costretto a nominarla viceministro»). L’Italia Futura si accinge naturalmente a smentire i «fantasiosi retroscena che attribuiscono a questa Associazione e al suo Presidente, manovre per convincere deputati della maggioranza a votare contro il Governo». Ma un fatto è certo. Dopo tanto traccheggiare, Duca Corbezzoli di Montescemolo - direbbe Dagospia - ha mosso il primo passo in politica. Purtroppo, il passo sbagliato. Berlusconi l’ha sfangata ancora, dimostrando forse d’essere il più democristiano di tutti; ma il punto è un altro. Proprio mentre nella sua Ferrari scoppiano casini ciclopici con operai che s’inchiodano ai pit stop, Montezuma invece di mostrarsi auriga del nuovo, adotta ineffabili strategie da vecchissima repubblica. Non esce mai allo scoperto e manda in avanguardia i suoi Talleyrand; blandisce i peones come i «due partecipanti alle cene di Scajola» (rivelò Fabrizio d’Esposito sul Fatto); applica indifferentemente con Beppe Fioroni e Santo Versace, Andrea Romano e Irene Tinagli la medesima fascinazione che ha usato in tutta la vita per ottenere sempre il massimo risultato col minimo sforzo. Eppure non v’è nulla, in circolazione, di più vecchio, di più visceralmente osmotico alla prima Repubblica di Montezuma. E non lo dicono solo insospettabili come De Magistris o Paolo Ferrero. Per Luca parla la storia personale che trascende sorriso vaporoso e ciuffo ribelle: i tentativi di raccomandazioni in Rai intercettati con Bisignani; la cacciata dalla Fiat da parte di Romiti perché si «vendeva gli incontri con Agnelli»; i conflitti d’interessi presenti e futuri anche a causa della sua società ferroviaria Ntv, che nel caso di premierato, «inciderebbe sul futuro dei trasporti su rotaia», teorizza Stefano Feltri nella biografia “Il Candidato - tutti conoscono Montezemolo, nessuno sa chi è davvero”. Un titolo, peraltro, fuorviante: sono in molti a sapere chi è davvero Monty. Basta solo ricordarglielo ogni tanto... di Francesco Specchia