Governo va sotto, crisi Cav La Russa: "Chieda fiducia"
In casa di Silvio non finiscono più gli allarmi. Dopo la fronda di Scajola e Pisanu, il dubbio amletico "condono sì, condono no", la Corte dei Conti che preme per la patrimoniale e lo slittamento strategico del voto sul ddl intercettazioni (anche Marco Reguzzoni della Lega Nord ha spiegato che le priorità sono altre), il governo è andaro sotto alla Camera sull'assestamento del bilancio. Un campanello preoccupante per Berlusconi che deve tener duro di fronte all'ultima insidia: l'emorragia di voti nella maggioranza. Ma a rendere storico lo scivolone a Montecitorio dell'esecutivo c'è il fatto che dal 1994, anno della discesa in campo del Cavaliere, non era mai accaduto che con lui presente in aula la maggioranza andasse sotto. Il governo scricchiola e le opposizioni invocano le dimissioni. C'è poi un altro particolare che è una bomba pronta ad esplodere, forse già deflagrata: al momento del voto, alla Camera era assente Giulio Tremonti. Il ministro dell'Economia ha lanciato la sfida finale al Cavaliere e con lui pure i Responsabili, che non hanno votato. Una crisi sempre più evidente, che ha spinto il coordinatore Pdl Ignazio La Russa ad accelerare: "Ora il premier chieda la fiducia". Un invito raccolto anche dal capogruppo Fabrizio Cicchitto, che ha spiegato: "Io credo che il governo debba rendersi disponibile a un confronto politico e a verificare se abbia o meno la fiducia in Parlamento". Solo l'altro coordinatore Denis Verdini prova a minimizzare: "Solo un incidente, nessun complotto". Ma è ancora tutto da vedere. Umberto Bossi invece ha detto che "è stato solo un piccolo infortunio, nulla di politico". A chi gli chiedeva se dopo la sconfitta il governo cadrà ha risposto: "No, per adesso non viene giù. Per ora va anvanti. Per quanto? Non lo so, non sono un mago". Vertice d'urgenza - La maggioranza è in fibrillazione. Dopo la debacla a Montecitorio l'agenda serale del governo è stata repentinamente modificata. Il vertice sulle intercettazioni, che secondo fonti parlamentari sarebbe stato in programma a Palazzo Chigi sotto il coordinamento del sottosegretario Gianni Letta, non si terrà più. Silvio Berlusconi, al contrario, ha convocato i capigruppo del partito per un summit a Palazzo Grazioli a partire dalle 20.30. Gli assenti - Il governo, insomma, è stato battuto alla Camera sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2010. I deputati hanno bocciato l'articolo 1 del testo. Dopo il voto, Berlusconi è stato bersagliato dal coro "dimissioni-dimissioni" lanciato dai banchie delle opposizioni. L'articolo è stato respinto con un pareggio, 290 a 290, su cui hanno pesato le assenze nella maggioranza (all'interno della quale è scattata la 'caccia' alla giustificazione). Quattro i deputati della Lega che non hanno votato. Oltre al ministro Umberto Bossi, che stava rispondendo in Transatlantico a una cronista, mancava Matteo Brigantini ed erano in missione Stefano Stefani e Roberto Maroni. Diciassette gli assenti del Pdl. In missione Stefano Saglia e i ministri Franco Frattini e Giulio Tremonti. Non hanno partecipato al voto Filippo Ascierto, Vincenzo Barba, Elena Centemero, Giuseppe Cossiga, Sabrina De Camillis, Pietro Franzoso, Marco Martinelli, Antonio Martino, Giustina Destro, Dore Misuraca, Claudio Scajola, Umberto Scapagnini, Piero testoni e Alfonso Papa, in carcere da luglio. Sette gli assenti in Popolo e Territorio. A parte il sottosegretario Catia Polidori in missione, mancavano Pippo Gianni, Paolo Guzzanti, Andrea Orsini, Francesco Pionati, Americo Porfidia e Domenico Scilipoti. Nel gruppo misto (in cui convivono sia sostenitori della maggioranza sia dell’opposizione) gli assenti erano di cui la metà in missione. Mancavano tra gli altri Gianfranco Miccichè e Andrea Ronchi. La rabbia di Berlusconi - La giornata del premier si è trasformata in una bomba politica da disinnescare. Il Cav è rimasto in aula solo pochi minuti. Dopo il voto negativo ha avuto un gesto di stizza: è rimasto fermo, senza parlare con i ministri Fitto e Prestigiacomo. Poi Berlusconi ha scambiato qualche parola con Cicchitto, quindi si è alzato senza salutare nessuno e si è diretto verso l'uscita di Montecitorio. Sul suo percorso, all'ultimo banco di governo, c'era Giulio Tremonti, a cui non ha dedicato nemmeno uno sguardo: lo ha spostato con un gesto quasi rabbioso per poi uscire dall'Emiciclo scuotendo i fogli che aveva in mano. Nel mini-vertice improvvisato nelle stanze del governo avrebbe detto: "Dovrei essere più cattivo, ma sono fatto così". Poi il premier avrebbe aggiunto: "Si è trattato soltanto di un incidente a cui possiamo rimediare". Seduta sospesa - Secondo il presidente della Camera, Gianfranco Fini, "la richiesta di sospensione dei lavori va accolta anche per le evidenti implicazioni di carattere politico": il leader futurista ha così accolto la richiesta di Giancarlo Giorgetti, presidente della commissione Bilancio, che aveva chiesto un'interruzione dei lavori. Le opposizioni hanno subito chiesto un passo indietro del premier. "Mi aspetto che Berlusconi si convinca ad andare al Quirinale", non ha perso tempo a ripetere il suo mantra il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l'assestamento e un governo che non può fare l'assesstamento è un governo che non c'è più". Per Antonio Di Pietro "non si tratta di un incidente ma di un atto politico uguale alla sfiducia del Parlamento nei confronti di questo governo, perché bocciare il bilancio dello Stato vuol dire bocciare l'atto fondamentale su cui si fonda l'attività di governo".