Serra e la filosofia di sinistra Non parlo a Libero, è nemico
Caro Michele Serra, mi hanno colpito molto le parole che vi siete scambiati sabato scorso con Francesco Borgonovo a Milano. Sto al racconto che ne ha fatto Borgonovo su Libero di domenica. Voi della sinistra adamantina avevate organizzato una manifestazione in cui dire ad alta voce tutto il male che pensate di Silvio Berlusconi, del berlusconismo, dell’attuale governo e di tutta la allegata compagnia cantante. Com’è nel vostro pieno diritto, naturalmente. E premetto che io di quella compagnia cantante me ne strainfischio altissimamente, come del resto dell’“alternativa” rappresentata dalla triade Bersani-Vendola-Di Pietro. Ci fossero duecento tornate elettorali, duecento volte io non voterei né gli uni né gli altri. In questo non sono solo, siamo forse il partito di maggioranza relativa nel Paese. Ma non è affatto questo il punto. Il No comment - Il punto che ha suscitato il mio interesse sono le parole che vi siete detti con Francesco. Lui ti si è avvicinato a chiederti qualcosa che approfondisse i temi in questione, e tu gli hai risposto con molta gentilezza (lo sottolineo volutamente perché ti so persona gentile) che non volevi e non potevi parlare con lui, perché voi due siete in guerra. Mi sembra di capire che nella tua interpretazione chiunque scriva su Repubblica (o magari su altri giornali cari alla sinistra) non possa non essere in guerra con uno che scrive su Libero. Al punto da non potere scambiarsi opinioni per quanto divergenti e lontane. Niente, nemmeno una parola, nemmeno un motto, nemmeno un colpo d’ironia. Beninteso, se ho capito male correggimi. Facciamo che ho capito bene. Che in Italia ci sarebbe una guerra di carta, una guerra tra giornali e giornalisti, una guerra alla quale qualcuno di voi tiene molto e premesso che io non amo affatto i colleghi di Libero che quando scrivono si mettono l’elmetto in testa (anche Francesco Borgonovo lo fa talvolta, sono ardori giovanili). Non scherziamo - La guerra in Italia? Ma stiamo scherzando. La guerra c’è in Iraq, in Libia, per quel che è delle libere opinioni c’è in Cina e in molti altri Paesi ancora, a esempio in Russia dove molti giornalisti sono stati ammazzati come cani. Per quel che riguarda noi e l’Italia, trovo indecente l’uso del termine guerra. E non per una questione di gusto. E bensì perché questo nostro malandatissimo Paese di tutto ha bisogno fuorché di una guerra, e questo persino nei casi in cui le opinioni di ciascuno degli attori in campo siano molto lontane e contrastanti. Solo che non c’è bisogno di attizzare il fuoco, di versare voluttuosamente ulteriore benzina, di inasprire gli animi, di tessere l’elogio dell’odio il più fondamentalista. Di dire che il Bene non può che essere tutto da una parte, e il Male tutto dall’altra.Caro Serra, ci conosciamo da tempo. Eri tu in guerra con me e non io con te, quando su un tuo giornale mi dedicasti la prima pagina per attribuirmi l’onorificenza del “cretino della settimana”, e questo perché avevo dichiarato di votare come sindaco di Roma Gianfranco Fini. Solo che non era vero affatto, che quella era una porcata che ti aveva suggerito qualcuno della tua banda pur di farti dire male di me. Alle elezioni per il sindaco di Roma io ho sempre votato - ho detto sempre - la filiera Veltroni-Rutelli. Buone maniere - E difatti tu correggesti il vostro errore, salvo annotare ironicamente che Rutelli era messo male se lo votava persino uno come me. Tuoi ardori giovanili, che non dico ti perdono ma che non credo rappresentino la persona civile che sei oggi e le cose civili che scrivi, e di cui mi sono affrettato a darti atto nella trattoria milanese in cui ci siamo incontrati pochi giorni fa. Per la cronaca, mai nella vita mi è capitato che qualcuno della vostra parte (e tu sai che quelli della vostra parte li conosco e li posso pesare e misurare uno a uno, sbagliandomi al più di un grammo o di un millimetro) mi abbia alzato la spada nel segno di un saluto cavalleresco. Mai una volta. E non perché io stia dall’“altra parte”, dalla parte di quei maledettissimi berlusconiani che voi vorreste impiccare tutti su viale Sempione. Ma solo perché ogni volta che nelle vostre fila vedo un cretino, glielo dico e glielo ripeto che è un cretino. Confesso che i casi sono tanti. Perché altro che guerra tra opposti fondamentalismi, a questo si riduce la catastrofe che stiamo vivendo. Che di cretini in giro ce ne sono caterve - di destra e di sinistra -, e ciascuno di loro in questo momento sta dando il suo meglio. Auguri di buon lavoro, Michele. di Giampiero Mughini