Passo indietro della Bongiorno per il testo sulle intercettazioni

Andrea Tempestini

Dalla maggioranza è arrivato il via libra all'emendamento Costa-Contento che riguarda il divieto di pubblicazione delle intercettazioni prima dell'udienza filtro. Così, come annunciato, il presidente della Commissione Giustizia alla Camera, Giulia Bongiorno, si è dimessa dall'incarico di relatrice del ddl intercettazioni. La deputata futurista, che nel 2010 partecipò alla prima stesura del testo - all'epoca faceva ancora parte della maggioranza - sancì un accordo con Angelino Alfano e Niccolò Ghedini, che prevedeva che il testo permettesse la pubblicazione almeno dei riassunti delle intercettazioni durante la fase delle indagini preliminari. L'emendamento Costa-Contento, al contrario, supera il lodo del 2010 e stringe i tiranti del segreto: gli atti investigativi e le intercettazioni, infatti, saranno pubblicabili per riassunto soltanto dopo l'udienza filtro. "Violato un accordo politico" - La Bongiorno, dopo il voto, ha tuonato: "Che improvvisamente si decida di portare avanti un testo con stravolgimenti, per me è violare un accordo politico che era il presupposto per il mio sì". Con queste parole ha la parlamentare Fli ha rimesso il suo mandato. "Io mi riconosco - ha sottolineato - nel testo frutto del compromesso, della mediazione raggiunta in lunghissimi incontri quando io ero nella maggioranza". Una mediazione che, ha aggiunto la Bongiorno, "non è fallita. Ma non mi riconosco per nulla in questo testo". Il cambiamento, ha proseguito, "non mi può stare bene: chi ha trattato con me aveva anche il mandato di Berlusconi. Tutti - ha concluso - si sono lamentati delle intercettazioni sui giornali dimenticando che c'era questo testo. Ora isi è inciso sulla parte più dibattuta, più oggetto di incontro". Palma: "Nessuna ragione per dimettersi" - Alla Bongiorno ha replicato il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, che ha sottolineato come le modifiche al ddl non costituiscono "una ragione concreta per dimettersi da relatore". In precedenza aveva spiegato: "Ognuno - ha proseguito il Guardasigilli - è libero di adottare le decisioni che meglio ritiene. Mi auguro che il presidente Bongiorno non voglia giungere alla conclusione delle dimissioni. Il provvedimento che ci si augurà verrà approvato in Parlamento - aveva continuato prima del voto - è sostanzialmente quello varato in Commissione con la relatore Bongiorno. Nel mondo della politica qualcosa si può cambiare. Mi sembra che il campiamento che si porspetta, cioè quello di cui all'emendamento Costa, sia assolutamente ragionevole, e per altro in lina con la filosofia del provvedimento perché sostanzialmente incentra la possibilità all'unanimità". Il voto - L'emendamento ha visto il voto contrario del Partito Democratico, di Terzo Polo e di Italia dei Valori. Per i democratici, il ddl rimane il "de profundis della libertà". Contestualmente è stata approvata la norma che prevede l'obblico di rettifica, che però sarà imposta soltanto ai siti internet registrati: esclusi, dunque, i blog amatoriali. La decisione è arrivata con il via libera all'emendamento firmato da Roberto Cassinelli del Pdl. Nella medesima direzione andavano due proposte di Pd e Udc: il parere, per inciso, è passato all'unanimità. Dopo il passo indietro della Bongiorno, il nuovo relatore del ddl è Enrico Costa, il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia della Camera. La manifestazione - Vivace la protesta di blogger e mondo del giornalismo contro il ddl intercettazioni. Al Pantheon la Federazione nazionale stampa italiana ha organizzato un presidio. Per Franco Siddi, segretario Fnsi, il disegno di legge "devasta ancora di più l'immagine dell'Italia nel mondo". Quindi l'attacco al deputato Pdl Maurizio Paniz: "Ha detto che bisogna determinare per legge anche il carcere fra le sanzioni per i giornalisti. Penso - ha aggiunto Siddi - che in questo caso siamo da considerare dei baluardi di libertà. Mandateci pure in carcere. Questo è un presidio che chiamerà altre piazze". Per la cronaca, la proposta di Paniz è stata giudicata dal ministro della Giustizia Nitto Palma "non interessante".