Maldestri Tanti errori che vengono da lontano ma è Abete a essere nel posto sbagliato

Rosa Sirico

Stavamo  per scrivere «pronti si parte», dobbiamo invece arretrare perché il bubbone che, da tanto aleggiava nell’aria, è scoppiato con tutta la sua violenza dopo tentativi disperati, ma tardivi,  per cercare di evitarlo. Domenica  non si gioca, il Calcio ha toccato il suo fondo e non avviene per caso. Da una parte i giocatori che vogliono essere allo stesso tempo dipendenti e padroni del loro avvenire: in caso di cessione infatti ad altra squadra possono rifiutare il trasferimento e restare alle dirette dipendenze di un allenatore  che ha chiesto la loro cessione, non potendo, per regolamento, essere esclusi dalla rosa (art. 7). Dall’altra parte  il presidente della Figc,  Giancarlo Abete, le cui responsabilità  sono più che evidenti.  Lo ha scritto senza perifrasi,  glielo riconosco, il direttore della Gazzetta quando ha sottolineato che Abete «aveva lasciato che la questione del contratto scivolasse per mesi senza una soluzione». La traduzione è chiara, la  colpa è di Abete. Se la Serie A non gioca, se non si è riusciti a fermare lo sciopero, le responsabilità sono soprattutto del presidente federale e della sua miope strategia. Forse pensava che non gli toccasse o  fosse pertinenza precipua della Lega e delle società. Le conclusioni che si possono trarre sono gravi e amare per il calcio. “Federazione” sembra diventata una parola vuota. Il grado di stima esterna è percepito al punto più basso. Cattivi consiglieri - È questo il risultato di una gestione che ha fatto solo sfracelli, non ha conseguito un risultato che sia uno e non si riesce a capire come potranno essere ricomposti i pezzi di un puzzle mai così confuso e litigioso.  Nel suo tentativo vacuo di salvare il salvabile, Abete è giunto a “inventarsi” un fondo da porre a disposizione dei presidenti per sottrarli ad inghippi sul contributo di solidarietà. Un modo per dire che, se proprio fossero stati costretti a pagare, i soldi c’erano. Sicuramente un consiglio maldestro di qualche suo poco illuminato consigliere. Quando si comincia a sbagliare, non c’è mai la fine e se ne fanno sempre più grosse: nessuno, infatti, ha pensato a quello che avrebbe potuto dire la Corte dei Conti. Attenzioni sbagliate - Sarà il caso di ricordare le tappe e i motivi occulti di questo fallimento di Abete . E sì, perché prima di calarsi tardi sulla scena, il presidente della Figc  se n’era stato in tutt’altre faccende affaccendato: la ricerca affannosa di un pastrocchio che gli consentisse di rispondere all’esposto Juve  sullo scudetto 2006 senza che se ne avesse male  Moratti. Quindi il “capolavoro” di non decidere. E volete forse che nel frattempo lui dedicasse attenzioni al contratto? Neanche per idea. Ma il massimo delle sue attenzioni Abete l’ha dedicato al capitolo radiazioni, del sottoscritto, di Giraudo e di Mazzini, oltre al modo di secretare  le  altre, per le quali aveva fatto in modo che si decidesse con un metro diverso. C’era e c’è tuttora  un problema che gli dava e gli darà fastidio, che bisognava mettere a tacere nel modo più sicuro: la vicenda Premiopoli, cioè  la pratica dei premi alle società dei giovani calciatori che arrivavano in prima squadra o in Nazionale, carte sparite,  uffici che un investigatore tenace era stato invitato a non frequentare perché c’erano motivi di “criticità”. Giusto comunque sottolineare che i motivi che hanno portato  allo sciopero coinvolgono le responsabilità  anche delle altre diverse componenti che si sono aggirate e guardate in cagnesco in questa giostra di varie competenze, dunque di sicuro ci sono da muovere rimproveri anche all’ Aic, alle società , ai presidenti, alla Lega nel suo complesso, ma non si può certamente assolvere Abete  per ciò che doveva fare e non ha fatto, si deve semmai trarre un giudizio sulla conduzione minimale della federazione, che ha contrassegnato questa gestione. Quanti fallimenti - Abete è quello che si è fatto sfuggire gli Europei 2012,  è il presidente del fallito Mondiale in Sudafrica, quando aveva ritenuto che bastasse richiamare il pur ottimo Lippi per ripetere le imprese del 2006, non calcolando  che non c’era più il serbatoio della Juve, distrutto da Farsopoli. I conti e i giudizi si fanno sui fatti. Una conduzione così povera di contenuti dovrebbe indurre chi la presiede a rassegnare le dimissioni per dignità personale. Abete non sa governare. Ci sono uomini nati per fare “il secondo”. Il destino del nostro era di fare il vice, non  avrebbe così avuto il carico di una gestione  che ha dimostrato di non reggere per mancanza di personalità, né avrebbe avuto la possibilità di  trastullarsi nel suo gioco preferito di combattere quelli che identifica come nemici. Perché è  successo anche questo. Per favore qualcuno lo faccia scendere da quella poltrona, se non deciderà di scendere da solo. di Luciano Moggi