Sergio ed Elkann, partito Fiat lancia la sua sfida al governo

Andrea Tempestini

Il partito Fiat scende in campo, e lo fa in maniera aspra, dura. John Elkann ha rivolto una domanda al governo: "L'Italia è ancora intenzionata a produrre auto?". Quindi Sergio Marchionne ha rilanciato: "La voglia di continuare a investire c'è. Fiat vuole cercare di portare lavoro in Italia. Il Paese - ha continuato - se vuole lo fa, sennò non si fa. Ma solo quando avremo la certezza di poter governare i posti in cui investire lo faremo". Il Lingotto, insomma, sfida l'esecutivo. Ma la domanda posta da Fiat potrebbe essere ribaltata: il gruppo ha davvero intenzione di produrre auto? Negli ultimi anni l'impegno è stato rivolto interamente a grandi operazioni finanziarie, sostenute da Libero, prima tra tutte lo 'spostamento' del cervello a Detroit. E poiché Fiat è anche tra le principali voci che hanno contribuito alla crescita del debito pubblico italiano, a maggior ragione la domanda può essere ribadita: le vetture si vogliono ancora produrre? Segue l'articolo di Francesco Specchia. Alè, e anche la Fiat scese in campo. Con Montezemolo. Anzi, su Montezemolo, travolgendo il Luca Cordero dai propositi tremuli, che solo qualche giorno fa a Cortina ventilò «se farò un partito lo farò fra un anno e mezzo», il tempo di due gravidanze. Marchionne ora ha provveduto a spingere nel travaglio politico ItaliaFutura. Una contrazione ogni 12 ore di Meeting ciellino. Ieri a Rimini, Sergio Marchionne, nel solco della deriva terzista che qui ha accolto il discorso del presidente Napolitano, ha sparato: «Non escluderei la possibilità che Montezemolo entri in politica, e se lo facesse, nonostante il mio consiglio di non farlo, avrebbe personalmente il mio appoggio». Bum! Nell’America tanto cara a Marchionne dicesi endorsement, appoggio incondizionato a un candidato politico, che in questo caso non sospettava d’esserlo. Al meeting, insomma, sboccia il partito Fiat, Marchionne crea Montezemolo. «Luca è una brava persona abbiamo lavorato insieme tantissimo tempo. Ha fatto un lavoro straordinario con la Ferrari. So che a livello internazionale è conosciuto, ha una grandissima credibilità come personaggio. Se poi queste capacità sono disponibili e applicabili alla gestione del Paese è una domanda a cui deve rispondere Luca, è una persona che apprezzo e continuo ad apprezzare. Il mio consiglio spassionato» ha sottolineato Marchionne «è di non farlo, gliel'ho già detto, più di una volta, e continuo a ripeterglielo, ma se lui è veramente interessato nessuno può bloccarlo». Nessuno. Di sicuro non l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler che, da ieri, ne ha reso pubblico il programma. In soldoni: a) No all’aumento dell’Iva: «qualsiasi aumento delle tasse ha un impatto sull'auto e sui consumi»; b) sì condizionato alla patrimoniale: «Chiedetelo a Luca, sono disposto a fare qualsiasi cosa per aiutarlo se l’obbiettivo è chiaro»; c) sì incondizionato all’Eurobond: «Non credo ci siano altre soluzioni alla crisi»; d) investimenti solo se c’è la crescita:  «La voglia di fare e di continuare ad investire c’è, non è cambiato nulla ma non possiamo condizionare la scelta degli investimenti, la Fiat si fa finanziare dai mercati internazionali e per questo deve garantire gli interessi che paghiamo»; e) Berlusconi fuori dalle balle, considerando che solo fino a poche settimane fa aveva affermato che «c’è un problema di credibilità: c’é chi ha compiuto anche scorrettezze nella sua vita quotidiana. In altri paesi sarebbe stato costretto a dimettersi immediatamente. Invece da noi non succede nulla». Le opinioni marchionniane somigliano in modo impressionante a quelle di Tremonti; sarà per questo che a chi gli chiedeva: farebbe il ministro dell’Economia in un governo tecnico, l’abruzzo-canadese ha risposto subito: «Mai, mai!». Insomma, più che di sfogo, il suo era un discorso programmatico. Non è un caso che proprio di “credibilità” abbia parlato John Elkaan presidente Fiat – altro fan di Montezemolo - , che ieri sul sito Il Sussidiario.net vedeva sparire la frase “Marchionne l’ho voluto io..” (si stanno già creando le correnti interne del neo-partito?).  Non è un caso che, con le suddette dichiarazioni, ieri il titolo Fiat si rafforzava in Borsa guadagnando il 4,2% a 4,11 euro: con la controllante Exor era in rialzo dell'1,5% e Fiat Industrial +5,32%. Sostiene un collega: «Ho un deja vu: mi pare di rivedere Berlusconi quando scese in campo nel ‘93». Ed è vero. Fiat, come Mediaset ai tempi, non è messa benissimo. Secondo gli analisti, è costretta a muoversi con la palla al piede di un indebitamento ancora troppo elevato. A fine anno, a detta di quanto prevede lo stesso Marchionne i debiti industriali del gruppo potrebbero toccare i 5 miliardi di euro, contro i 3,4 miliardi di fine giugno. Urge dunque scendere in campo, e Montezemolo ha proprio le phisique del centravanti. Ora bisogna che gli amici di ItaliaFutura -  Diego Della Valle, il presidente della Banca Nazionale del Lavoro, Luigi Abete, magari Carlito Rossella e Clemente Mastella- lo spingano nell’agone. Alla discesa in campo montezemolata risponde, ad ora, il solo Sacconi: «Fiat ha avuto dall’Italia tutte le certezze che chiedeva per avviare gli investimenti. Le hanno garantite la maggioranza riformista del sindacato, le lavoratrici e i lavoratori degli stabilimenti interessati, nonostante i cambiamenti richiesti nei tempi di lavoro e quindi di vita, le istituzioni in termini di politiche del lavoro e dell'innovazione. Le chiacchiere stanno a zero». Montezemolo, invece, da zero passa a uno... di Francesco Specchia