Bnl, Di Girolamo a processo: accusa di truffa e bancarotta
Non sono finiti a Roma i guai giudiziari per l’ex senatore del Pdl, Nicola Paolo Di Girolamo. Dopo aver patteggiato un mese fa davanti al gup Massimo Battistini cinque anni di reclusione e restituito una somma intorno ai quattro milioni di euro (tra contanti, beni immobili, quote di società e auto di lusso) perché accusato di evasione fiscale, riciclaggio transnazionale e scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso nell’ambito della maxi-inchiesta che ha coinvolto anche ex dirigenti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, l’ex parlamentare tornerà di nuovo in un’aula del tribunale come imputato. Questa volta dovrà rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e alla truffa ai danni della Bnl. "Fidi per 2 mln di euro" - Il 28 ottobre prossimo prenderà il via il processo davanti ai giudici della nona sezione penale. Il rinvio a giudizio è stato disposto dal gup Alessandro Arturi che ha accolto le richieste avanzate dal pm Paolo D’Ovidio. Secondo l'accusa Di Girolamo, attualmente agli arresti domiciliari per la vicenda Fastweb-Tis, sarebbe riuscito ad ottenere fidi per due milioni di euro a beneficio di società, a lui riconducibili, già in sofferenza e senza fornire garanzie di rientro. I soldi sarebbero stati distratti in proprio favore determinando così il fallimento delle stesse società. Gli altri imputati - Il processo vedrà tra gli imputati anche Giovanni Sabatelli e Aldo Spadella, soci con l’ex senatore o cogestori delle varie aziende poi fallite. C'è poi Ignazio Restivo, accusato dai pm di aver sottratto dai conti correnti di una società, poi dichiarata falita dal tribunale, ben 317mila euro, tenendo i libri contabili in modo da non poter ricostruire il movimento degli affari. Nella vicenda era rimasto coinvolto anche Francesco Greco Di Paola, già funzionario della Bnl presso la Filiale di Roma Nord il quale, dando corso alle richieste di affidamento nonostante la mancanza dei requisiti di solvibilità delle società, induceva in errore la banca. Proprio la querela presentata nell’ottobre del 2006 dall’istituto di credito, assieme alle varie sentenze dei giudici fallimentari, aveva dato il via all’indagine dei magistrati di piazzale Clodio.