Verso Svizzera in fuga da fisco C'è anche la Virgin di Branson
«La Gran Bretagna perde una vergine». L’espressione coniata dalla stampa anglosassone può apparire fuori luogo, in ogni caso riassume efficacemente la notizia della new entry tra i pendolari delle tasse in Svizzera. All’elenco già piuttosto nutrito di aziende locali o multinazionali (in gran parte americane, tedesche, anche italiane) che hanno trovato fiscalmente prezioso stabilirsi nella Confederazione, infatti, si aggiunge adesso Virgin Enterprise. La società è un braccio dell’impero britannico del miliardario Sir Richard Branson, 61 anni, spirito avventuriero e naso sopraffino per il business. Una piccola realtà, a dire il vero, nella galassia del magnate. Tuttavia è quella che detiene e gestisce i diritti universali del logo Virgin: un brand senza confini che ha trovato spazio su aeroplani e treni, palestre e bibite, agenzie di viaggio e finanziare, servizi telefonici e postali, emittenti radio e televisive, megastore. E che ha fatto la fortuna di Branson, partito da zero vendendo dischi per corrispondenza. Poi, nel 1972 il battesimo di un’etichetta discografica, Virgin Records, che scommette sull’incisione di un esordiente: “Tubular bells” di Mike Oldfield, album stravenduto anche oggi. Il primo di molti successi, sempre e comunque sotto la bandiera della Regina. Ma ora la vergine fa le valigie. Virgin Enterprise lascerà Londra e approderà a Ginevra. Nel giro di poche settimane. I dipendenti hanno ricevuto la comunicazione ufficiale e in territorio elvetico sono perfino già comparsi annunci di lavoro. Secondo alcuni analisti, il trasloco potrebbe far risparmiare milioni di sterline di tasse. «Servirà anche ad accelerare il nostro processo di espansione e lo sviluppo internazionale del nostro marchio» ha spiegato un portavoce. Giurando che, al momento, non c’è alcuna intenzione di spostare dal Regno Unito gli altri segmenti dell’attività. E tuttavia mettendo bene in chiaro come, «di questi tempi, le aziende che operano sul mercato mondiale devono sfruttare tutte le possibilità che vengono offerte». Gli affari sono affari: i criticoni sono avvertiti. Non è la prima volta, del resto, che grandi nomi scelgono la Svizzera per strategia aziendale, per convenienza, per risparmiare gabelle. Soltanto nel contenuto Ticino, per esempio, hanno trovato terreno fertile pezzi da novanta a stelle e strisce come Guess e Abercrombie & Fitch, settore abbigliamento; Naie, prodotti naturali per la salute; Caterpillar, giganti escavatori. Senza dimenticare altre presenze come Hugo Boss o Gucci. Merito del felice carico fiscale, innanzitutto. Ma pure di un livello salariale che inizialmente spaventa e che invece, a un esame più attento dei costi complessivi, non si rivela così catastrofico. Poi, ci sono la snellezza contrattuale, la flessibilità, una burocrazia meno pesante e opprimente che altrove. Come nel caso di Virgin Enterprise, le imprese che decidono di mettere sede in un Cantone ricorrono semplicemente ad avvocati specializzati o a fiduciarie che studiano i dettagli della convenienza e si occupano delle pratiche. Quando il nome della società compare sul Registro del commercio, la procedura è terminata e il trasferimento effettivo. Accade con frequenza sempre maggiore. Tanto che Martin Theurer, impegnato a Zurigo con la Camera di commercio Germania-Svizzera, è arrivato a dichiarare: «Una volta avevamo forse quattro richieste all’anno. Oggi non passa giorno che una ditta straniera non si annunci da noi». Poiché il federalismo consente la concorrenza fiscale tra i Cantoni, esiste quasi una gara a chi assicura condizioni più vantaggiose agli imprenditori. Finora il più gettonato si è rivelato il Cantone Zugo. Tuttavia, per un’affinità linguistica se non culturale, succede che le aziende tedesche prediligano la Svizzera tedesca, quelle francesi la romanda, quelle italiane il Ticino. di Leon Bartoletti