PoltroneInRivolta Province cercano il trucco. Mastella: "Fondiamo il Molisannio per resistere"
Il primo colpo di lombi è di Clementone Mastella, orgoglioso revenant riemerso - guarda un po’- dalle pieghe oscure della manovra: «’Mo occorre creare il Molisannio...». Mo’ occorre il Molisannio. Il “Molisannio” (copyright Nunzia De Girolamo) più che un’entità geografica astratta tipo Shamballah o Atlantide sarebbe il modo per «riscrivere la geografia della Provincia di Benevento le confinanti Valle Caudina e Valle Alifana superare, così, la soglia dei 300 mila abitanti evitando di rientrare tra quelle istituzioni sottoposte a cancellazione». In parole povere trattasi dell’escamotage mastelliano per evitare che la fondamentale provincia di Benevento, «feudo indiscusso dello Stato pontificio, nata ben prima dell’Unità d’Italia...», venga cancellata dalla manovra; e «in caso contrario l’unica via d’uscita sarebbe quella di abbandonare la Regione Campania. Una scelta dolorosa». Dolorosissima. Com’è dolorosissimo constatare che una volta fatta la legge sono in molti, tra gli arditi amministratori delle 36 Province destinate alla vaporizzazione, ad adoperarsi per trovare l’inganno. Benevento, con questa specie di facite ammunina di borbonica memoria (tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa/e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora») pensa non solo al Molisannio ma anche a richiamare i suoi emigrati da ogni parte del mondo. LA PATRIA DEL MINISTRO Sondrio - patria proprio del ministro Tremonti -, attraverso il presidente Massimo Sertori, minaccia velate secessioni: «Ci cancellano? Vuol dire che faremo un referendum, e vedremo se i miei cittadini a questo punto vogliono andare con la Svizzera, col Cantone dei Grigioni o se vogliono una maggiore autonomia». Certo, bisognerebbe vedere cosa ne pensano gli svizzeri. Lodi, fondata nel 1992 e sfondata in meno di vent’anni, minaccia genericamente: «metteremo in campo tutte le iniziative possibili per far cambiare idea a chi di dovere». La defungenda Massa Carrara propone, genialmente, di istituire una provincia nuova e più grande, l’Apuania, nata dalla fusione con Lucca. O La Spezia. Che, però, è in Liguria. Anche Trieste e Gorizia si dovrebbero accorpare, in barba allo sfibrante campanilismo dei friulani. A Belluno, dove almeno all’inizio sembravano aver preso bene il colpo di mannaia, rispolverano un’antica iniziativa referendaria già bocciata dalla Corte di Cassazione: il passaggio del territorio della provincia di Belluno dal Veneto al Trentino-Alto Adige: «Ce l’avete messa in quel posto? Almeno scegliamo noi la Regione dove morire», commenta un leghista autoctono. Certo, vista così l’idea di una pulizia burocratica che porterebbe all’eliminazione di 53mila poltrone elettive su 140mila - da 1 amministratore ogni 428 abitanti a 1 ogni mille - sarebbe ottima. In realtà tra le pieghe della manovra emerge un altro piccolo trucchetto per spostare alle calende greche la doverosa ecatombe delle province italiane. L’attuale bozza del decreto, infatti, prevede il taglio degli enti “con meno di 300 mila abitanti (farà fede il censimento dell’autunno 2011)” e, soprattutto, “con meno di 3000 km quadri di superficie”. Indispensabili l’uno e l’altro requisito. Quindi, senza colpo ferire, proprio enti come Grosseto, Sondrio o Belluno si salverebbero a prescindere. Insomma, la Casta trova ancora il modo di sfangarla. E dire che, dal punto di vista strettamente politico, le riduzioni sono bipartisan: 18 amministrazioni son guidate dal Pd, 12 dal Pdl, 4 dalla Lega, 1 dall’Mpa e 1 da Sel. GARA DI FANTASIA Pure se non tutti a sinistra possiedono l’estro e l’inventiva di Mastella. Nella Terni prossima alla soppressione, il presidente Feliciano Polli avvita la difesa di sè stesso su un’affermazione straordinaria: «Serviranno comunque più uomini e risorse a Perugia. Ci perde il cittadino». Mentre ad Enna, che subirà lo stesso destino, il discusso senatore Vladimiro Crisafulli lamenta: «La paventata cancellazione della provincia di Enna, dimostra come questo provvedimento contenga un’insieme di misure manifesto che servono, tutt’al più, a fare propaganda e non certo ad ottenere concreti risultati di risparmio economico per il sistema paese». Se il “sistema Paese” chiamerà il senatore Crisafulli per ringraziarlo della cura, non è dato di sapere... di Francesco Specchia