Alleanza tra Pisapia e Fassino nel sacro nome delle tasse
Non bastava MiTo, il festival inutile che, per accontentare qualche salotto, drena le scarse risorse a disposizione della musica: Milano e Torino, le due capitali rosse del Nord-Ovest, hanno deciso di fare sistema anche in tutto il resto. Fassino e Pisapia si sono incontrati, si sono piaciuti, e ormai quasi non passa giorno senza che si scambino una telefonata. Vogliono combinare un matrimonio ambizioso, che in qualche modo - ancora da mettere a punto - coinvolga aziende partecipate, trasporti, infrastrutture, Expo, piani strategici e grandi investimenti. In breve, tutto quello che fa girare moneta. Oltre a Genova, che è già della partita, l’asse dovrebbe comprendere Bologna, per poi saldarsi al Nord-Est con il coinvolgimento di Venezia e Trieste, tutte città saldamente in mano alla sinistra. Gli studiosi ammoniscono che nell’immediato futuro la competizione internazionale non si giocherà tra Stati, ma tra sistemi urbani: l’unione tra quelli più prosperi del Paese creerebbe una corazzata in grado di solcare gli oceani dell’economia globalizzata. Soprattutto, metterebbe in secondo piano le Regioni: tre delle cinque coinvolte dal progetto - le più importanti: Piemonte, Lombardia, Veneto - sono infatti amministrate dal centrodestra. Non è un caso che il governatore lombardo abbia proposto la creazione di macro-regioni, ma si tratta purtroppo d’un tema buono per i convegni, senza possibilità alcuna d’esser tradotto in pratica. Giuliano e Piero fanno, invece, sul serio. Quale dono di fidanzamento si sono scambiati una tassa, e non poteva essere altrimenti, data la comune matrice ideologica: sotto la Mole si pagherà per percorrere in auto le strade cittadine, mentre all’ombra della Madonnina, in ossequio al referendum votato dai cittadini, il balzello sarà applicato a chi intende valicare la circonvallazione esterna, nonostante la promessa elettorale di abolire l’odiato Ecopass. Come molte fregature, anche questa si nasconde dietro un nome inglese, “road pricing”. A Torino, s’è calcolato che ogni anno porterà nelle casse comunali circa 90 milioni di euro. Una cifra rispettabilissima, che tuttavia è poco più d’una mancia al ristorante se paragonata agli affari dei quali si discute in questo scorcio d’estate funestato dal tracollo delle borse mondiali. La Moratti e Chiamparino erano sul punto d’accordarsi sulla fusione tra Atm e Gtt, il Gruppo torinese trasporti. Non se ne fece niente, anche perché i due sindaci appartenevano a schieramenti opposti (più di nome che di fatto, ma questa è un’altra storia). Ora le trattative sono ricominciate, benché abbiano suscitato qualche screzio all’interno della giunta ambrosiana: Tabacci, infatti, preferirebbe fondere Atm e TreNord. Di ben diverso avviso il primo cittadino, per il quale l’azienda di Foro Bonaparte costituisce il perno d’una strategia ambiziosa. Milano e Torino già sono governate da Bancaintesa, i cui vertici non hanno mai nascosto le loro simpatie per la sinistra. Idem la grande borghesia, o meglio quel che ne resta. Il prossimo passo consiste nell’individuare un punto d’incontro tra mano pubblica e iniziativa privata, come accadeva nell’Italia democristiana. Le occasioni non mancano: la realizzazione di Expo e la nuova Tem sono soltanto le più vistose. Un dialogo potrebbe aprirsi tra A2A e Iren, la società che riunisce le aziende energetiche di Torino, Genova, Parma, Piacenza e Reggio Emilia. La buccia della nuova amministrazione milanese è arancione, con tutti i suoi tic politicamente corretti, i rom, le case agl’immigrati e le moschee di quartiere. La polpa, però, ha il colore dei soldi. Con l’aiuto di Fassino, Pisapia sta tessendo una formidabile rete di potere. Sull’integrità di entrambi non nutriamo dubbi. In caso d’imprevisti, c’è sempre Penati cui chiedere consiglio. di Renato Besana