Libia, Tripoli accusa Nato Bombe su civili, 85 vittime

Rosa Sirico

Ottantacinque morti: è il conto dei civili rimasti vittime dei raid Nato nei pressi di Zlitan, 150 km a est di Tripoli. Il governo libico passa al contrattacco e ribadisce la denuncia del sangue versato dall'Alleanza Atlantica. Per Tripoli si sarebbe trattato di un vero e proprio "massacro", che coinvolge donne bambini e anziani appartenenti a una ventina di famiglie: per questo, spiega Jana, l'agenzia di stampa ufficiale di Tripoli, il governo ha proclamato tre giorni di lutto. L'orrore in tv -  Anche la televisione di Stato denuncia il raid Nato su Majar, mostrando i corpi carbonizzati delle vittime. Mussa Ibrahim, ha condotto un gruppo di giornalisti a visitare il paesino devastato, sostenendo che gli aerei alleati avrebbero sganciato dapprima tre bombe e, quando gli abitanti che erano fuggiti sono tornati alle proprie case per recuperare qualcosa, di averli sterminati lanciandone ulteriori tre. Avrebbero perso la vita 33 bambini, di cui almeno tre di età inferiore ai dieci anni, insieme a 32 donne e 20 uomini appartenenti a una ventina di famiglie diverse.  Diffuse anche le immagini di donne e bambini ricoverati in ospedale per le ferite riportate. Un vero e proprio "massacro" perpetrato al  solo scopo di "permettere ai ribelli" di entrare da sud nella vicina Zlitan, città intorno alla quale si combatte furiosamente da giorni.   La replica dell'Alleanza - Non ci sono prove della morte di civili. E' questa, in pochi termini, la reazione della Nato alle accuse di Tripoli. Il colonnello Roland Lavoie, portavoce delle operazioni Nato in Libia, ha infatti dichiarato che non ha "nessuna prova" di civili rimasti uccisi negli attacchi condotti a Zliten contro obiettivi militari.