La Casta s'allunga le ferie Scopo: pellegrinaggio
Gli onorevoli andranno un mese in ferie. Potevano rientrare un po' prima, ma un centinaio di loro deve andare in pellegrinaggio. Testuale. Detta così, sembra una battuta. E invece è la verità, riferita con candore dal capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, secondo cui "c'è stata una valutazione seria". Ricapitolando: la Camera va in vacanza mercoledì 3 agosto, dopo il discorso del premier Silvio Berlusconi. Le Commissioni torneranno al lavoro il 5 settembre. I parlamentari no, quelli potranno far ritorno a Montecitorio il 12 settembre. Perché, appunto, tradizionalmente all'inizio di settembre numerosi deputati di tutti i Gruppi sono impegnati in un pellegrinaggio. Servirà una benedizione, visto il momento non proprio facile del Paese. La tradizione del pellegrinaggio, del resto, è di lunga data. Iniziò nell'estate 2008, promossa dal cappellano di Montecitorio Monsignor Rino Fisichella. Il viaggio in Terra Santa ha ogni anno registrato la partecipazione sentita di tanti onorevoli. Un'adesione tanto entusiasta quanto bipartisan. Segnali al Paese - "Avevamo proposto come Gruppi di opposizione - ha sottolineato il capogruppo del Pd Dario Franceschini - di iniziare dalla prima settimana di settembre, dal 5, ma la maggioranza ha detto che è bene che comincino solo le commissioni e che l'Aula cominci dopo". Certo, non un gran sacrificio: si sarebbe trattato comunque di 30 giorni di vacanza di fila, molto più di qualsiasi cittadino italiano. Ma gli onorevoli avrebbero comunque fatto la figura da stakanovisti, quasi come il ministro Roberto Calderoli che domenica aveva annunciato: "Niente ferie, il governo deve lavorare". I vitalizi restano - A proposito di segnali da dare, da Gianfranco Fini ne arriva un altro, piuttosto negativo. Il presidente della Camera ha giudicato "inammissibili" gli ordini del giorno che chiedevano di "sopprimere i vitalizi in essere o a incidere negativamente sui trattamenti retributivi o pensionistici dei dipendenti con riferimento a quello in atto erogati". Fini prova a spiegare: "Ovviamente tutto ciò a prescindere da qualsiasi giudizio di merito, che potrà (e a mio avviso dovrà) essere valutato dalle forze politiche attraverso conseguenti iniziative legislative". Un problema di forma, dunque, non di contenuto. Se anche i documenti venissero approvati dall'aula, infatti, "non potrebbero in ogni caso essere attuati dall'Ufficio di presidenza, proprio in quanto contrastanti con il nostro ordinamento".