I 'No-Tav' pronti alla guerra: il nemico si chiama Pd
Oggi, domenica 3 luglio, ci sarà battaglia in val di Susa. Il ribellismo antagonista italiano, affiancato da pattuglie violente arrivate dalla Francia, dalla Spagna e si spera anche dalla Grecia, ha due obiettivi. Il primo è spazzare via la polizia e i carabinieri che difendono il cantiere della Tav appena riaperto. Il secondo, ben più importante e tutto politico, cercherò di spiegarlo tra un istante. Si prevede una domenica di fuoco. Mi auguro che non sia così. Ma se così fosse, mi azzardo a dire che ai capi dei rivoltosi piacerebbe ci scappasse il morto tra le loro fila. Otterrebbero il bis del G8 di Genova, luglio 2001. Con un altro cadavere da scaraventare addosso al governo e alle opposizioni senza spina dorsale. Cadavere o meno, l’obiettivo politico emerge dalle figure prese di mira in questi giorni con il pretesto della Tav. Attenzione: sono tutte della sinistra rappresentata dal Partito democratico. Piero Fassino ormai è il “boia” che vuole la morte della val di Susa. Massimo D’Alema viene contestato a Seriate, nella Bergamasca, da una squadra di anti-Tav. Per lo stesso motivo Sergio Chiamparino, il numero uno del Pd piemontese, è costretto a rinunciare a un dibattito a Livorno. Striscioni anti-Tav compaiono sulle sedi del Pd all’Aquila, a Piacenza e in altre città. Conosco bene questo tipo di assalti per averli subiti mentre presentavo in pubblico i miei libri revisionisti sulla guerra civile. E’ una violenza che mi ha costretto e mi costringe a limitare la mia libertà di cittadino. Se escludo un intervento importante del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nessun ras della sinistra riformista ha mai preso per davvero le mie difese. Oggi dovrei fregarmi le mani, sogghignando: adesso tocca a voi, cari compagnucci democratici! Non lo dico perché ho la testa sul collo. E credo di aver capito quale sia lo scopo della partita che si gioca in val di Susa. All’antagonismo rosso non importa nulla della Tav. E tanto meno del lavoro iniziato nella valle. Lo ha spiegato bene ad Alessandro Da Rold del “Riformista” il responsabile dell’Osservatorio sull’alta velocità Torino-Lione, Mario Virano. Alla Maddalena si tenta di realizzare “un tunnel di cinque metri e mezzo di diametro, che equivale a una fognatura di Torino”. Anche i problemi di salute per le perforazioni della roccia sono “una bugia devastante”: “Si scava esattamente come è stata scavata la metropolitana torinese, in pieno centro, tra i monumenti e il barocco, in zone densamente popolate”. Eppure il proprietario del cantiere, Ferdinando Lazzaro, la sera di martedì 28 giugno, mentre rincasava, è stato aggredito da una squadra di No Tav. Volevano pestarlo e gli hanno spaccato un braccio. C’è un clima di rabbia folle tra gli antagonisti arrivati in val di Susa. Che può essere spiegato soltanto con la politica e con gli scopi veri del ribellismo rosso. Oggi, nel luglio 2011, il centro-destra è in grande difficoltà. Per la prima volta dal 2006, anno della seconda vittoria di Romano Prodi, le tante sinistre intravedono la possibilità di ritornare al potere. La speranza si regge sul Pd di Pierluigi Bersani. Senza il Pd, non c’è trippa per quelle che Prodi chiamava le frange lunatiche rosse. Dunque bisogna condizionare Bersani & C. Per fargli capire, con le buone o con le cattive, una verità. Nel famoso “vento nuovo” che ha cominciato a spirare dopo i ballottaggi e i referendum, la corrente più forte è quella dei rivoltosi. Per costoro, vincere in val di Susa è l’unico modo per imporsi al gracile riformismo bersaniano. E renderlo debole nei confronti dell’avversario-concorrente più temibile: Nichi Vendola. Soltanto così si spiegano molti dei fatti che accadono in val di Susa. Per cominciare, Vendola ha sempre considerato il ribellismo anti-Tav una rivolta di popolo contro i poteri forti. Il suo partito, Sinistra Ecologia Libertà, è in prima fila nella marcia odierna, con un dirigente nazionale, Monica Cerutti, e un esponente torinese, Michele Curto. Sull’onda della “partecipazione referendaria che ha posto al centro dell’agenda politica la difesa dei beni comuni”. Nella valle si agitano personaggi conosciuti. C’è Vittorio Agnoletto, rifondarolo, l’eroe del G8 genovese. C’è Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione comunista, un singolare doppiopesista. In una lettera al “Fatto quotidiano”, Ferrero ha spiegato di essere stato sempre contrario alla Tav. Pure quando era un ministro del secondo governo Prodi. Senza mai pensare a dimettersi, perché la poltrona è una poltrona. Tanto da fargli dire, con orgoglio: “Ho continuato a partecipare alle assemblee in val di Susa anche mentre dirigevo il dicastero della Solidarietà sociale”. Ci sono gli uomini di Beppe Grillo e del suo movimento Cinque stelle, pronti a lunghi sproloqui gentilmente concessi dal telegiornale di Sky, proprietà dello squalo capitalista Murdoch. E per oggi è previsto l’arrivo del magico Grillo, pronto alla grande battaglia per la riconquista del cantiere riaperto dalle forze dell’ordine alla Maddalena di Chiomonte. Non sappiamo se Grillo parteciperà al grande scontro con la pula e i caramba. Ormai è un signore sovrappeso che fra due settimane compirà 63 anni. Ma è certo che il suo incitamento alla lotta non mancherà. Su Internet il Grillo aizza la protesta. Strilla che la Maddalena è come Kabul. I suoi tifosi insultano i poliziotti: “Morti di fame, nullafacenti, spocchiosi, gente di merda”. Se ai lunatici aggiungiamo una serie di giornalisti e di teste d’uovo della sinistra ultrà, il supercomando della guerriglia in val di Susa sarà al completo. Forse con una sola assenza, davvero imperdonabile: Michele Santoro. Distratto dai suoi problemi di contratto, il leader di Annozero non si è fatto vedere nella Libera Repubblica della Maddalena. E neppure nel ridotto proletario della Barricata Stalingrado. Molti lo aspettavano, scortato dall’imponente apparato di opinionisti e di telecamere. E contavano su uno specialissimo Annozero, sotto la pioggia di pietre dei No Tav e i lacrimogeni dei poliziotti. Ma non è da escludere che il San Michele degli Antagonisti non compaia in val di Susa all’ultimo minuto. Le grandi star amano le sorprese. Comunque si concluda questa domenica balorda, esiste una sola certezza. Non riguarda i rivoltosi con la luna storta e violenta. Loro se la cavano sempre. In quale modo ci riescano, nessuno lo sa. Non è difficile immaginare che qualcuno li finanzi, per scopi fin troppo chiari: diffondere il disordine e trarne vantaggi politici. A convivere con i guai è la popolazione della valle che da anni è prigioniera della lotta contro l’alta velocità. “Siamo diventati tutti più poveri” dicono molti valsusini. Lo confermano i dati rivelati da Paolo Bricco, inviato a Susa dal “Sole-24 Ore”. Nella valle il reddito pro capite è la metà di quello di Torino. Negli ultimi due anni l’occupazione è scesa del 20 per cento. Nell’arco di ventiquattro mesi i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono calati del 35 per cento. Se fossi un ventenne valsusino le tirerei anch’io le pietre, gli estintori e i sacchi pieni di urina. Ma non contro i poliziotti e i carabinieri. Bensì addosso ai figli di papà che vengono in casa mia a giocare con la violenza e se ne fottono del mio futuro. Purtroppo le persone per bene non praticano la guerriglia di piazza. L’ira dei giusti resta un pio desiderio. Dunque non ci rimane che toccare ferro. E augurare agli inermi: buona domenica 3 luglio, giorno di San Tommaso apostolo. di Giampaolo Pansa