Angelino, Bobo e Pier Ferdi: avanza la 'generazione 2013'
«L’elezione di Alfano è una buona mossa, al neosegretario rivolgiamo i migliori auguri di buon lavoro riconoscendo le sue qualità personali e certi che grazie a lui cambieranno in meglio i rapporti tra il Pdl e le altre forze politiche». Parola di Italo Bocchino, falco un po’ bolso ma pur sempre il più agguerrito collaboratore di Gianfranco Fini. Più entusiaste sono invece le colombe finiane, ovvero Andrea Ronchi («La prospettiva della costruzione del Ppe in Italia per riprendere lo spirito riformatore e di libertà del 1994 credo sia la strada giusta verso la quale incamminarsi») e Adolfo Urso («Spero che tutti facciano un passo in questa direzione per tornare a ragionare insieme come rinnovare e ricomporre il centrodestra, migliorare il bipolarismo e rafforzare il percorso riformatore»). E al centro che dicono? «Auguriamo buon lavoro ad Alfano, sperando che dia un contributo serio a un corretto rapporto tra i partiti di maggioranza e opposizione in un momento di grande difficoltà per l’Italia». «Sono emozionato», diceva ieri il Cavaliere all’Auditorium di Roma. «Non abbiamo bisogno né di lasciti né di eredità», gli rispondeva l’incoronato. Inutile girarci intorno: ieri abbiamo assistito a un vero e proprio passaggio di consegne. E il Guardasigilli uscente è partito subito deciso contro le liste «Coca cola» stile Polverini e con un programma politico di lungo respiro. «Il compito che abbiamo è quello di dare tranquillità al Paese, di dire ai cittadini che è in mani sicure. Il popolo dei moderati è ancora lì, pronto a tornare con noi. Serve una costituente popolare». Ma non c’è fretta «perché questa è una proposta non un telequiz». La strada sembra dunque segnata: non è ancora il momento di decidere chi sarà il candidato premier alle elezioni del 2013 (con questa manovra è difficile pensare a elezioni anticipate), ma c’è quasi una certezza: sta nascendo un fronte ampio, che va dalla Destra all’Udc, che è pronto a tornare nella ristrutturata Casa delle Libertà. Con facce seminuove (per Fini non ci sarà posto fra i protagonisti, ha già perso la sua battaglia) e con un potenziale di elettori tale da impedire alla sinistra sempre più schiacciata su Vendola di arrivare a Palazzo Chigi. Forse è per questo che anche Di Pietro gioca a fare il moderato, salvo cadere in tentazione davanti ai No Tav: sa che dopo Berlusconi il centrodestra sarà paradossalmente più forte di prima, almeno sulla carta, sui numeri. Certo, il percorso è lungo - Silvio ovviamente non ha la minima intenzione di mollare - ma, come ha detto lo stesso Alfano, non c’è bisogno di risposte immediate. Di tempo per discutere ce n’è. E stavolta sulla strada del nuovo centrodestra c’è anche la Lega, ormai da protagonista. Non è un mistero che Roberto Maroni sia vicino al nuovo segretario del Pdl. E non è escluso che la rivoluzione leggera che sta ridisegnando il partito del Cavaliere possa contagiare anche l’ormai ex monolite padano. Alfano e Maroni possono rappresentare le calamite di un nuovo centrodestra, più dialogante con la sinistra, meno estremista, più concreto. Restano comunque le incognite: la prima è legata a Berlusconi e Bossi, ancora troppo legati al loro ruolo di leader. La seconda è rappresentata dalle correnti dentro il Pdl: se qualcuno approfitterà della debolezza del premier farà inevitabilmente il gioco della sinistra. Alla fine è anche una questione anagrafica: Alfano può contare sui quarantenni (Brambilla, Gelmini, Frattini), così come Maroni (Tosi, Cota, Zaia, Boni). Ma anche gli over 50 (Formigoni, La Russa, Calderoli e Casini) sono pronti a rimettersi in gioco. Ecco, con la nomina di Alfano è iniziata la scalata dei post Cav. Le primarie di Libero sono state solo il primo assaggio. di Giuliano Zulin