Un D'Alema rosso di vergogna: tangenti, un terzo vanno al Pd
Massimo D’Alema ha offerto una primizia alla procura di Roma. Ieri ha rivelato a mezzo stampa - tramite portavoce - di avere in effetti viaggiato a sbafo cinque volte nel 2010 su aerei della Rotkopf di Riccardo e Viscardo Paganelli, che potevano volare grazie a permessi debitamente oliati rilasciati dall’Enac su pressione di Franco Pronzato, consigliere dell’ente e responsabile trasporti del Pd. La procura non sapeva di quei voli, perché il nome di D’Alema generosamente ospitato dall’allegra compagnia finita in gattabuia, non compariva fra le carte sequestrate. Il leader Pd- nel timore dello scandalo- ha pensato bene di fare la prima mossa e mettere in piazza quei voli. Ma più che degli aerotaxi presi a sbafo, D’Alema farebbe bene a preoccuparsi delle dichiarazioni del teste chiave da cui è originata tutta l’inchiesta su appalti e mazzette rosse dei pm Giuseppe Cascini e Paolo Ielo. Perché lì non sono in ballo passaggi in aerotaxi regalati come caramelle. Ma vere e proprie tangenti. Finite grazie a un sistema codificato un terzo a un consulente amico di D’Alema, un terzo alla Fondazione Italiani europei e un terzo al Partito democratico. Tutto è partito nel settembre 2010 da un imprenditore ben noto alle cronache economiche: Pio Piccini, titolare di quelle Omega srl e Themis srl nate dal tragico spezzatino di Eutelia, quello che ha messo per strada e portato ad Annozero centinaia di incolpevoli lavoratori. Piccini che fra i marosi di Eutelia navigava come poteva, racconta ai magistrati di avere trovato all’improvviso la sua ciambella di salvataggio. Il miracolo avviene “fra la fine del 2007 e gli inizi del 2008”, quando Piccini viene invitato a un dibattito della Fondazione italiani europei e conosce Vincenzo Morichini, assicuratore di fede Pd e grande amico di D’Alema (insieme a lui e a Roberto De Santis acquistò la celebre prima barca a vela del leader Pd, Ikarus). Morichini rassicura Piccini: non ti preoccupare, ho molte conoscenze, ti trovo io contatti e soprattutto i contratti giusti. Siccome ho una società di consulenza, per ogni contratto acquisito ti chiederò una percentuale. Fin qui tutto più o meno normale, anche se il lobbismo fatto a percentuale è cosa assai diversa e più significativa di quello indagato dall’inchiesta sulla P4. Con la società di Morichini viene fatto un contratto di consulenza a prescindere dai risultati per una cifra modesta: 2.500 euro al mese. In più viene chiesto uno sforzo economico una tantum per la Fondazione Italiani europei: 15 mila euro versati dalla Themis e 15 mila euro versati da Omega. In tutto 30 mila euro regolarmente fatturati solo nella speranza di avere contratti e commesse. E qui che entra in scena la postilla del “metodo Morichini”. L’amico di D’Alema si dà un gran daffare per Piccini. Gli fa incontrare manager di società Finmeccanica per un appalto sui sistemi di intercettazione da fornire alle procure. Poi gli fa incontrare i vertici della Regione Umbria per accreditarlo come fornitore delle Asl. Prima di firmare contratti e commesse, ecco che arrivano le regole. Che così Piccini descrive ai pm: “gli accordi prevedevano il riconoscimento a favore della Sdb di una percentuale sugli affari conclusi, in misura del 5,5% del fatturato, da ripartire poi in misura pro-quota fra la Sdb, la Fondazione Italiani Europei e il Partito democratico”. Nella testa di chi chiede quel 5,5% si tratta naturalmente di una intermediazione. Ma se Morichini più o meno poteva spacciarsi come intermediario, è chiaro ai pm che questa non possa essere la funzione né della Fondazione Italiani Europei né tanto meno del Pd. Quelli non sono intermediari. I soldi- una percentuale di circa il 2% di ogni contratto o commessa- che versano alla Fondazione dalemiana e al Pd per il codice penale sono tangenti. Si capisce bene che con questo teste - chiave D’Alema possa essere un po’ preoccupato. I voli? Sì, anche quelli sono poco commendevoli. Chissà quante persone c’erano a bordo insieme al leader Pd. Se il valore di quei passaggi gratis avesse superato i 50 mila euro nel 2010, ci sarebbe anche violazione della legge sul finanziamento dei partiti, perché alla tesoreria della Camera non è stata depositata la necessaria dichiarazione congiunta. Altrimenti è solo questione di stile. D’Alema dice che erano voli di lavoro. Lui lavora per il Copasir, organismo che non può accettare donazioni di questo genere. Se invece il lavoro era per il partito, i voli dovevano essere pagati dal Pd, non dai Paganelli. L’avrebbe capito assai bene Enrico Berlinguer. Ma non si può chiedere quell’etica a quel che è rimasto di quel pci... di Franco Bechis