Guerra tra Nord, Centro e Sud Ma è l'Italia che si è rotta
È la vendetta postuma di Gianfranco Miglio. Senza tante rivoluzioni, l’Italia è già divisa in tre. Almeno quella del centrodestra. La telenovela sui ministeri al Nord non ha fatto altro che scoperchiare un vaso carico di invidie, ripicche e polemiche. Sopra l’Appennino c’è un Carroccio scatenato che vuole meno tasse e spostare almeno quattro dicasteri a Monza per fare un dispetto a «Roma ladrona» e per recuperare il consenso perduto alle ultime amministrative. Una mossa che inevitabilmente ha fatto letteralmente impazzire il PRC, che non è Rifondazione Comunista e nemmeno la Repubblica Popolare Cinese, bensì il Partito di Roma Capitale, guidato da Gianni Alemanno, sindaco della capitale, e Renata Polverini, governatrice del Lazio. I due consoli sono pronti a tutto: raccolte firme, voti in Parlamento, manifestazioni oceaniche... tirano per la giacca Giorgio Napolitano, già abbastanza irritato di suo per l’eventuale delocalizzazione dei burocrati in Brianza. Ma davanti a un Nord che urla ed una Roma che sbraita più forte c’è ovviamente un Mezzogiorno, che una volta sperava in Raffaele Lombardo ma ora si affida a Gianfranco Micciché, che chiede non solo i ministeri, ma anche altri soldi. La Forza del Sud, neonata costola del Pdl, si ritiene superiore alle baruffe stile De Sica contro Boldi e si prepara a presentare una mozione alla Camera che impegni «il governo all’equa attenzione nei confronti dei territori, in termini di investimenti e di progettualità». Come dire, non basta la Banca del Sud voluta fortissimamente da Giulio Tremonti, ormai ex esponente dell’asse del Nord. Anche Stefano Caldoro, presidente della Campania, vorrebbe inserire un nuovo “piano Sud” nell’agenda di governo. La maggioranza rischia insomma di dividersi per motivi territoriali. D’altronde - spiegano autorevoli sociologi, primo fra tutti Ilvo Diamanti - il Sud e un cittadino su tre del Centro considerano il Nord egoista. Però un terzo dei cittadini padani reputa il Mezzogiorno un peso per lo sviluppo del Paese. Il Centro invece è ecumenico: quelli del Sud sono assistiti, quelli del Nord egoisti. Altro che federalismo solidale, soft, che rispetti i valori dell’autonomia e dell’unità, responsabile... Il fatto è che il sistema centralistico italiano scontenta tutti, «non è più in grado di soddisfare, rendendole prima uniformi, le sempre più diversificate esigenze dei cittadini (...) ciò che sta andando in crisi è (anche) la nozione dell’unità dei grandi aggregati politici (...) Le relazioni economiche fra le Regioni padane, fra quelle dell’Italia centrale e quelle dell’Italia meridionale configurano l’esistenza di almeno tre potenziali “macroregioni”. Sono probabilmente proprio queste aggregazioni i futuri soggetti della struttura federale, che potrebbe nascere, pertanto, spontaneamente, senza traumi ideologici e psicodrammi, soltanto assecondandosi il comportamento dei cittadini». Queste parole sono di Gianfranco Miglio. Erano i primissimi anni ’90 e già parlava di «terza repubblica», ma a leggerle adesso sembrano scritte ieri, dopo aver sentito i proclami di Bossi a Pontida e le controaccuse di Alemanno o Micciché. Come diceva Miglio, basta assecondare «il comportamento dei cittadini». di Giuliano Zulin