Sinistra furbetta/1: Bassolino indagato per corruzione. Soldi per ristrutturare il casale extra-lusso in Toscana

Giulio Bucchi

E son due i punti di vista da cui si può leggere questa storia, che ha il suo contingente epicentro nell’Etruria profonda e però coinvolge l’ex re di Napoli Antonio Bassolino. C’è la vicenda giudiziaria, certo, e il casale costruito in barba ai vincoli paesaggistici - stando all’ipotesi d’accusa, naturalmente - e la corruzione dei funzionari comunali e poi, soprattutto, il co-proprietario occulto della lussuosa dimora che sarebbe proprio Bassolino, per questo indagato. Oppure, d’altro canto, notare come raccontando questa tutto sommato secondaria vicenda di acquisti e ristrutturazioni illecite si possa invece ripercorrere, come nella puntata-riassunto d’una fiction, la rovinosa caduta dell’uomo che ha politicamente dominato Napoli e la Campania per un ventennio, già sindaco e governatore e profeta del rinascimento napoletano e infine politicamente sepolto da una montagna d’immondizia, col maleodorante coté di scandali e malaffare - e sarà il processo in corso a eventualmente  stabilirne il grado di responsabilità. In ogni caso, lo spunto di cronaca è - come detto - Bassolino indagato per corruzione dalla Procura di Arezzo. La vicenda, già emersa nel 2008 in scia alle inchieste napoletane sul pattume, si svolge però a Farneta, frazione di Cortona - per questo son poi diventati competenti i magistrati aretini. Qui si trova un meraviglioso casale in mattoni rossi, 800 metri quadrati con abitazione e sala giochi e taverna e sauna e insomma roba di gran lusso, circondato da un parco con cipressi e ulivi in una zona paesaggisticamente incantevole - e perciò vincolatissima. Magione ufficialmente di proprietà di Giuseppe Petrella, oncologo napoletano ed ex deputato ds nonché, fino al 2005, responsabile sanità in Campania per il partito della Quercia. E, ai tempi, vicino politicamente e umanamente a Bassolino - nel senso che erano molto amici. E dunque, succede che nell’ottobre 2008 questa villona viene perquisita, per l’appunto su ordine dei magistrati di Napoli: il sospetto è che, diversamente da quanto indicato sui documenti, sia stata acquistata sì da Petrella, ma celando che nell’affare fosse coinvolto anche Bassolino. Nel senso: i pm sequestrano un assegno di 81 milioni di lire, secondo loro sarebbero frutto di guadagno illecito dell’ex governatore a fronte di operazioni legate agli appalti sullo smaltimento dei rifiuti campani. Denaro poi allungato a Petrella per comprare insieme il cascinale. Riassumono i magistrati: «Petrella risulta avere formalmente acquistato l’immobile in questione e tuttavia i lavori del medesimo sono stati concordati con Bassolino, tanto da programmare il frazionamento in due parti attribuite rispettivamente al Petrella e al Bassolino». La Procura napoletana passa per competenza il testimone a quella d’Arezzo. E le indagini proseguono. Fino agli avvisi di chiusura recapitati ieri. Ed ecco in sostanza le conclusioni cui sono arrivati i pm, dopo le verifiche della Guardia di Finanza: l’ex presidente della Regione Campania sarebbe il «comproprietario di fatto» del casale, e l’ipotesi è che Petrella sia stato un parziale prestanome. La ristrutturazione, sempre secondo l’accusa, sarebbe stata eseguita in modo illecito - aggirando vincoli urbanistici e paesaggistici - e con la compiacenza (retribuita) dell’ex dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Cortona, Alvaro Fabrizi, anch’egli indagato. Nel feral registro sono iscritti anche due architetti responsabili dell’accatastamento. Dal canto suo, Bassolino ha espresso fiducia nella magistratura, «non possiedo alcun casolare o parte di esso, nulla so delle presunte condotte illecite contestate». E Petrella che dice? Lui nega. Nega che Bassolino sia un socio occulto: «Non ha mai dormito nel casale, ho pagato tutto io», dice l’ex parlamentare ds, che nel 2004 era secondo nella classifica dei deputati napoletani con maggior reddito. Precisando che quegli ottanta milioni erano soldi a lui dovuti proprio dall’ex amico. Perché Petrella e Bassolino non si frequentano più da anni. «Un tempo il mio rapporto con lui era simbiotico, profondo» dichiarò  Petrella in un’intervista. «Per me, uomo di sinistra, la ricchezza era un peccato da espiare. Mi sembrava naturale metterla a disposizione del mio leader». E ai magistrati raccontò che «i pranzi, i soggiorni venivano pagati da me, mai che lui mi abbia chiesto quanto mi doveva. Allorché lui m’invitava a cena, quando arrivava il conto lo allontanava da sé e lo indirizzava con l’intenzione di lasciare a me il pagamento». Uno spaccato emblematico, riferito a colui che ai tempi era davvero considerato un monarca politico. «È in questo quadro che va letta la vicenda del casale» disse ancora Petrella all’Espresso». E niente, nel 2001 «lo comprai a nome mio e a spese mie, ma l’accordo era che avremmo diviso le spese di ristrutturazione a metà. sarebbe stato il nostro buen ritiro». Poi arrivò quel maledetto 2005. «I lavori erano a metà - racconta - e in settembre accadde lo spiacevole incidente della telefonata...». La telefonata in cui lo stesso Petrella cazziava un manager dell’Asl napoletana perché non aveva nominato il dirigente da lui indicato. L’intercettazioni finì sui giornali con conseguente scandalo, nomine lottizzate e le-mani-dei-partiti-sulla-sanità e quant’altro. Bassolino subito scaricò l’amico, «toni sbagliati nel metodo e nel merito». «Da lì la nostra amicizia finì» conclude Petrella. E da lì cominciò ad apparir chiaro che il rinascimento bassoliniano non andava al di là dello slogan. Cominciò la decadenza. Cominciò un’altra storia. di Andrea Scaglia