Carroccio, rabbia di Calderoli: "Adesso basta con le sberle"
La tregua appena cominciata è già finita. Il Pdl va oltre il referendum e ribadisce: "Berlusconi non si tocca". Ma la Lega non ci sta e in una nota firmata dal ministro Roberto Calderoli fa sapere: "Siamo stufi di prendere sberle...". Quello che significa si capirà nei prossimi giorni, se non ore. Domenica prossima c'è il raduno del Carroccio a Pontida, e il 22 giugno la verifica di governo in Parlamento. Due appuntamenti troppo importanti per non pensare a scossoni, negativi o positivi che siano. "Basta sberle" - Non a caso, dalla sede del Carroccio di via Bellerio è partito qualcosa a metà tra un grido d'allarme e una minaccia: "Siamo stufi di prendere sberle" sono le prime parole emerse dalla riunione dei vertici leghisti Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Federico Bricolo (capogruppo della Lega in Senato) e Roberto Cota (presidente della Regione Piemonte). E pure il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che ha chiesto le dimissioni di Berlusconi, fiuta la grande occasione: "Spero che facciano una riflessione. Ascolteremo a Pontida cosa diranno ma già qualche tempo fà dissi che si può stare con uno che perde se tu vinci, con uno che vince se tu perdi, ma se perdi tu e perde lui questo merita una riflessione". Alemanno: "Non minimizzare" - Parole di fuoco arrivano anche dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. "E' fin troppo evidente che in questo voto si sono intrecciati problemi politici e tematiche di alto profilo. Il centrodestra - attacca il primo cittadino della capitale - non può in alcun modo minimizzare questo risultato e deve trarne conseguenze dal punto di vista della propria rotta politica e da quello dei propri contenuti programmatici. La crisi economica in atto - prosegue Alemanno - fa emergere una profonda richiesta non solo di una forte azione di governo, ma anche di un ripensamento del modello di sviluppo economico e sociale. Evitiamo strumentalizzazioni e reazioni non adeguatamente ponderate, ma nessuno può ignorare queste indicazioni dell'elettorato", ha concluso in sindaco. "Niente cambio di leadership" - Vince il popolo o la Cassazione? E' il grande dubbio tra gli esponenti del Pdl di fronta all'ormai quasi certo superamento del quorum (e della vittoria del sì) al referendum. E così è inevitabile che i quattro quesiti (nucleare, acqua e acqua-bis, legittimo impedimento) abbiano ripercussioni politiche. "E' la volontà degli elettori. Quindi, vale la regola 'Fiat volutas populi' (sia fatta la volontà del popolo, ndr)", allarga le braccia il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. "Il referendum non è un segnale politico a Berlusconi", aggiunge poi davanti all'assemblea generale di Assolombarda, a Milano. Gli fa eco il ministro della Difesa Ignazio La Russa: "Non credo che il centrodestra possa fare a meno della leadership di Berlusconi". Poi l'analisi: "La vittoria non è né di questo, né di quello, ma della Cassazione. Nel momento in cui ha ammesso il quesito sul nucleare non ho avuto nessun dubbio che i cittadini sarebbero andati a votare", sull'onda di quanto successo in Giappone. Rimane, comunque, il senso di una nuova sconfitta (nonostante il sottosegretario Daniela Santanchè sostenga che "gli italiani sono abbastanza in linea con il governo"). "Verifica vera" - La Lega aveva già parlato domenica alla luce dei dati parzali sull'affluenza. "Questi referendum sono un imbroglio. Berlusconi ha perso la capacità di comunicare in televisione, questa è la semplice verità. E la gente è caduta in trappola", ha spiegato Umberto Bossi, sottolineando che "I rapporti con il Pdl sono buoni". Ma è chiaro che la settimana che porta diritto al comincia nel modo più caldo possibile. "A Pontida tireremo fuori la soluzione per trovare i soldi, per riuscire a fare la riforma fiscale che aiuti le nostre imprese", assicura Bossi: "Parleremo delle novità. Quali? Non lo dico adesso - ha scherzato - perché altrimenti non venite a Pontida". Più duro il ministro degli Interni Roberto Maroni, che ha votato. "Ho ritirato soltanto le due schede sul quesito relativo all'acqua e ho sbarrato il sì, rivela al Corriere della Sera. "Se passa il sì - aggiunge il titolare del Viminale - bisogna fare una legge per quei Comuni che non gestiscono in modo efficace l'acquedotto. L'amministratore pubblico che non è in grado di occuparsene non può rimanere a fare il sindaco e dunque farò una proposta normativa per far scattare il commissariamento, proprio come avviene in materia di rifiuti". Per poi avvertire il governo: "Dia una svolta o si vada a votare". Il riferimento non è solo all'eventuale vittoria del sì, ma anche al capitolo riforme e alle parole prudenti di Giulio Tremonti. "Berlusconi deve iscriversi nella categoria dei coraggiosi e lanciare un programma ambizioso per i prossimi due anni. Deve farlo adesso il 22 giugno davanti alle Camere". "So bene che non possiamo restare ostaggio di questi numeri e per questo dico che il 22 giugno dovremo valutare con attenzione i risultati". "La Padania boccheggia" - Le vere picconate verdi arrivano dal governatore del Veneto Luca Zaia, che ha votato tutti e quattro i quesiti, apponendo quattro croci di sì. Chiaro il giudizio sul legittimo impedimento: "Se riguardasse me preferirei avere una corsia preferenziale che sveltisse ogni procedimento. Non ritengo giusto che chi amministra resti magari per molto tempo con la spada di Damocle sulla testa di qualche avviso di garanzia per poi avere dopo anni l'assoluzione con formula piena". La critica al governo, però, è durissima sul fronte della riforma fiscale: "La gente, soprattutto al Nord, ne ha le tasche piene. Il Veneto ha 5 milioni di abitanti, il 10% della popolazione. Siamo la regione delle partite Iva. Ma oggi un giovane che va dal commercialista per aprire una partita Iva, arriva lì, chiude la cartelletta e va via. La gente non ne può più dell'ufficio complicazioni affari semplici". Serve una svolta perché la Padania è "boccheggiante".