Referendum e imbrogli: ecco perché è meglio non votare
Ho votato sì al referendum sulla responsabilità civile dei giudici il 9 e il 10 giugno 1985. Vinse il sì, all’80,2%. Ma è stato come avesse vinto il no. Sono passati 26 anni da allora e non un solo magistrato italiano è stato ritenuto civilmente responsabile dei suoi errori, come accade invece ogni giorno a medici, ingegneri, architetti e perfino a noi giornalisti. Ho votato sì il 18 e il 19 aprile 1993 all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Vinse il sì al 90,3%. Il finanziamento l’hanno chiamato rimborso e ai partiti sono arrivati fondi pubblici sei volte superiori a quelli che prendevano all’epoca. Quello stesso anno ho votato sì alla abolizione del ministero dell’agricoltura. Si ottenne il quorum e vinse il sì al 70,2%. Ma è stato come avessimo votato no: hanno cambiato nome al ministero (Risorse agricole) ed è lì in piedi come se il nostro voto fosse stato carta straccia. I referendum italiani mi hanno sempre truffato, e con me (che conto nulla), hanno beffato milioni di italiani. Non mi fregano più: dal 1995 non voto più nessun quesito che mi viene proposto. E non andrò a votare nemmeno questa volta, esercitando un mio diritto civico che ha la stessa dignità della scelta del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano di recarsi alle urne. È un diritto costituzionale, legislativo, civico e politico profondo quello di astenersi al referendum. Tanto è che vengono previsti con pari dignità comitati per il sì, comitati per il no e comitati per l’astensione che hanno diritto ad essere rappresentati nelle tribune referendarie. Astenersi è una scelta istituzionale di altissimo profilo. Una istituzione- il Quirinale- ha deciso di votare. Un’altra istituzione di non minore peso e dignità come la Chiesa italiana decise nel 2005 di astenersi e invitare gli italiani all’astensione nel referendum sulla procreazione assistita. Mi asterrò questa volta con le stesse altissime ragioni che rivendicò allora la Chiesa italiana: mi rifiuto di rispondere a domande malposte e truffaldine. E’ un mio diritto e lo considero anche mio dovere dopo tante amarezze che ho ricevuto da un istituto- quello referendario- che troppe volte si è rivelato beffardo. Io votavo in un modo, vincevo le elezioni e i perdenti decidevano al contrario, come pareva a loro. Accadeva così non perché fossero tutti diabolici i governanti. Forse qualcuno era particolarmente furbetto, ma la verità è che il difetto stava nel manico: nel referendum stesso. Essendo possibile solo quello abrogativo, il testo della domanda a cui rispondere sì o no è quasi sempre un geroglifico. Si capisce poco o nulla e così lascia aperte tutte le possibilità di fuga. All’elettore la propaganda spiega che dirà un sì o un no a un tema, e non è mai vero. Solo il no è sicuro, perché lascia in piedi la legge che c’è non cambiando nulla. Tanto è che i due referendum che vengono sventolati per dimostrare la validità dell’istituto sono quelli sul divorzio e sull’aborto dove vinse il No, lasciando in piedi la legge esistente che era stata approvata dal parlamento. E’ quando si chiede un sì che si cela sempre l’inganno. Questa volta più che mai. Già l’impostazione di base di ciascuno è grottesca. Si chiede di votare sì per dire no al nucleare. Solo da questo dovrebbe essere chiaro come la domanda sia malposta. Poi ti leggi le norme che dovresti eliminare dicendo sì per dire no. E non capisci più nulla. Per dire no al nucleare dovresti dire sì all’abrogazione di un comma di legge che dice che il nucleare per il momento non si farà. Se abolisci quello, allora significa che il nucleare si può fare domani. E lo faranno come sempre è accaduto quando votavi sì per dire no e i governi poi trasformavano il tuo no in sì. Siccome non mi racapezzo, l’unica posizione dignitosa è rifiutare quella domanda. Non andrò a votare. Propongono di votare sì per votare no alla privatizzazione dei servizi pubblici, compresi quelli idrici. Per farlo dovrei abrogare un articolo della legge Ronchi del 2008. Ma i servizi pubblici venivano privatizzati anche prima del 2008. Quindi lo saranno ancora come prima. Domanda truffa, la risposta ancora una volta è destinata ad essere una fregatura. A questo voterei no, ma il mio no è inutile perché tanto anche se vincesse il sì non cambierà nulla. Non voto, non mi faccio prendere in giro così. Altro referendum, la tariffa idrica disposta da un decreto legislativo del 2006. Mi dicono di votare sì per non pagare più l’acqua che è un bene comune. Naturalmente è una bugia. Perché abrogando quella norma ci sarà un vuoto legislativo. Bisognerà fare una nuova legge per stabilire quale sarà il corrispettivo da pagare per l’acqua che userò. Intanto una cosa è sicura: pagherò l’acqua. Dicono che se voto sì però non farà fare speculazione ai grandi gruppi privati che chiedono un 7% di remunerazione del capitale investito negli acquedotti. Bene, ammettiamo che i servizi idrici siano gestiti tutti dai comuni, pubblicissimi. Se quelli devono riparare gli acquedotti, dove prendono i soldi? O direttamente da me con le tasse, o dalle banche con un prestito. E quale banca regala soldi ai comuni? Glieli presteranno a meno del 7% di interesse? Praticamente mai. E chi paga quel 7% di interesse ai comuni? Io. Con la bolletta o con le tasse comunali. Anche questo referendum è una fregatura assoluta. Dovrei votare sì per dire no alla bolletta che mi manderanno tale e quale a casa. Mi rifiuto di votare. La domanda è una truffa. Resta il quarto referendum, quello sul legittimo impedimento. Questo è un po’ più chiaro. Se voti sì, è come votare no al fatto che Silvio Berlusconi possa usare quella legge. Piccolo particolare: la legge scade l’8 ottobre, non più rinnovabile. E i tribunali fanno più di un mese di ferie d’estate. Se vince il sì forse freghi Berlusconi in un’udienza. Valeva la pena di spendere cento milioni di euro per fare questo referendum che vale un giorno solo se passasse il sì? Non voto, perché è una presa in giro. Gli lascio la scheda, che magari la possono riciclare e lo Stato risparmia qualcosina di questo spreco. Ah, venerdì mattina ero in una trasmissione tv insieme a Davide Sassoli, del Pd. Quando ho fatto questa obiezione, ha replicato: “però questo referendum ha valore politico. Gli italiani sono chiamati a dire sul legittimo impedimento se vogliono che la legge sia uguale per tutti o preferiscono privilegiare qualcuno”. Ho guardato Sassoli in faccia. Fa l’europarlamentare. E’ protetto da immunità sia per tutto quello che dice sia di fronte a ogni reato: nessun giudice può mandarlo a processo se l’Europarlamento non lo autorizza, e l’Europarlamento non autorizza mai. Berlusconi di fronte a lui è un poveraccio. Ho riguardato Sassoli e in quel momento ho capito Beppe Grillo: “A Sassò, ma vaffa…”.