Questo è uno scandalo da rubagalline. Il calcio italiano si ripulirà (almeno per tre anni, poi si vedrà)
Ma quale perdita di credibilità? Questa è manna piovuta dal cielo di Cremona: per i prossimi tre, quattro anni siamo a posto. Puliti, anzi ripuliti. Più vigili, corretti, sportivi. E credibili, incredibilmente credibili. Perché lo scandalo è lo schiaffone che sveglia l’italiano, prima lo indigna e poi lo riattiva e infine lo migliora sulla breve distanza: e allora viva il capitolo 2011 del calcioscommesse che, a oggi, sembra più che altro una truffa da rubagalline, piena com’è di attori di serie B e C, e odontoiatri, e tabaccai, e commercialisti che fanno da garanti coprendo assegni irrimediabilmente scoperti, ex calciatori col vizio della puntata, perdenti seriali e protestati, millantatori di professione e insomma i soliti idioti, e infangatori (Buffon ha ragione): penso in particolare a De Rossi, Totti e Vieri tirati in mezzo da amici che nemmeno conoscono. Serve e servirà parecchio, questo scandalo, perché ha agitato e non poco - in ordine d’importanza - il ministro degli Interni e le procure, i club, il presidente del Coni, i vertici della federazione e delle leghe: abbiamo così sentito (ri)parlare in modo convinto di task force anti-truffa, di norme anticombine, di miglioramento dei rapporti tra le agenzie di scommesse e gli organi di controllo, di trasparenza - la Fifa, portatrice insana di scandali, ha addirittura accelerato i tempi di attivazione dei meccanismi di investigazione. Scommesse con tanto di infiltrazioni camorristiche, doping finanziari e farmaceutici, violenze fuori e dentro gli stadi, partite falsate, arbitri corrotti o soltanto sudditi, cocaina: negli ultimi trent’anni noi del calcio non ci siamo fatti mancare nulla. Del resto sarebbe stato impossibile il contrario: il calcio è un moltiplicatore di occasioni e denari ed è “giocato” dall’uomo: e l’uomo ha difetti, debolezze, vizi, manie e urgenze che troppo spesso lo inducono a cercare la scorciatoia. Al procuratore Di Martino che ammette «in Serie A combine anche tra società, è una sensazione, non ho prove», diciamo che le stesse sensazioni (punti regalati o restituiti, risultati concordati) le abbiamo da una vita, in particolare nei periodi in cui a fare la differenza sono le motivazioni. Ogni tanto segnaliamo i nostri sospetti alla tv, alla radio, sui giornali: purtroppo ci mancano le prove. Un altro sport popolarissimo, il ciclismo, cerca da anni di recuperare un minimo di credibilità attraverso la lotta al doping, che è una corsa a inseguimento: negli anni abbiamo contato i morti, i feriti e gli scandali che hanno prodotto l’inevitabile incremento dei controlli. Non da parte di tutti i Paesi, purtroppo. Le decine di migliaia di persone che hanno seguito sulle strade d’Italia l’ultimo Giro confermano che la gente sta apprezzando lo sforzo. Dei ciclisti e di chi ha il dovere di governarli. PS. Dice: «Rivera, Mazzola, Riva e De Sisti, quelli - sì - erano campioni e sportivi». Eravamo diversi anche noi. Migliori. di Ivan Zazzaroni