Quando a Bersani e a Nichi piaceva l'acqua privata
C'era un tempo, non troppo lontano, in cui Pier Luigi Bersani si era trasformato nel paladino delle liberalizzazioni, nel teorico del nuovo mercato e della competizione. Tra 2006 e 2008, da ministro dello Sviluppo economico per il secondo governo Prodi, l'attuale segretario del Pd si era esibito, per esempio, in riforme spericolate su banche, farmaci da banco e taxi, non senza polemiche. Più che da ministro, Bersani ha sempre preferito ragionare da amministratore locale, attento cioè agli equilibri (e le esigenze) di tutte le parti in causa. Non solo i cittadini, dunque, ma anche aziende, fossero esse municipalizzate o private. Anche nella rossa Emilia, dove spesso potere politico e potere economico vanno a braccetto, se non addirittura sotto la stessa giacca. E così non deve stupire che nel settembre 2008, ormai ex ministro, il buon Pier Luigi fosse intervenuto a Carpi, un tiro di schioppo da Reggio Emilia, per sostenere la campagna del Pd locale a favore di una privatizzazione un po' particolare: quella dell'acqua. Ricapitolando: nel 2008 Pd e Bersani favorevoli alla privatizzazione dell'acqua, a Carpi, perché, ricordava il segretario, "un conto sono le infrastrutture, che devono essere pubbliche, e un conto la gestione delle stesse, che possono, anzi devono andare a chi le sa utilizzare al meglio". E chi le sa utilizzare al meglio, sottolineava Bersani, sono i privati perché "più specializzati". La posizione non è da poco e infatti aveva creato molti malumori negli attivisti del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, da sempre ultra-sostenitore dell'acqua pubblica. Nel video che potete vedere su LiberoTv, Bersani spiega con eloquio pacato (a tratti soporifero) perché restare legati al passato (cioè al pubblico) sia deleterio. Bersani scivola... sull'acqua pubblica. Guarda il video su LiberoTv "L'acqua bene comune è un dibattito che è arrivato persino da Porto Alegre, un po' da terzomondismo, da Teologia della Liberazione. In Brasile hanno il problema dei padroni dell'acqua, che te la danno se vogliono loro. Noi in Italia abbiamo il problema degli acquedotti che perdono metà dell'acqua, che è un altro film". Così Bersani prende le distanze dai radicali, un po' freak e un po' utopisti. E' un amministratore pane e salame, lui, e non accetta la solita retorica. "L'acqua non è un bene comune, l'acqua è un bene di Dio", arriva ad esclamare nello sgomento dell'auletta. "Le infrastrutture che la governano, per garanzia, sono di proprietà pubblica. Poi però subentra la questione della gestione. Come faccio a far perdere meno acqua? Che si depuri bene? Che si facciano investimenti sensati? Devo chiamare uno che è capace di fare quel lavoro lì". L'esempio arriva dalla Francia, dove "due grandissime società, multinazionali che gestiscono l'acqua anche in India (Veolia e Suez, ndr), sono arrivate a specializzazioni eccezionali". E' quello, il futuro (anche se poi nel 2010 Parigi ha ristabilito la gestione pubblica dell'acqua). Perché Carpi la rossa deve avere paura di privatizzare l'Aimag, società che gestiva acqua, gas e rifiuti? Il Comune, in fondo, sta facendo "una partnership industriale per rafforzare le nostre gestioni". Tutto qua, nessuno scandalo dunque. Né macchinazioni o oligarchie dei privati. Un po' lo stesso atteggiamento di Nichi Vendola, che in Puglia ha basato la sua rielezione a governatore in Puglia sul ritorno alla gestione pubblica dell'acqua e che non ha mai mantenuto la promessa, tenendosi stretta la Spa che gestisce la risorsa primaria e meritandosi da Beppe Grillo la nomea di supercazzolaro. Strano, però, che sia Bersani e il Pd sia Vendola e Sel siano tra i più combattivi sostenitori al sì del 12 e 13 giugno, che vedrà anche due quesiti sull'acqua. Da far tornare pubblica, naturalmente. Piroette che a Pier Luigi e Nichi riescono facili facili, quanto bere un bicchiere d'acqua.