Shaquille dà via le scarpe: il dominio di O'Neal è storia
Sceriffo, ballerino, Super Man, cantante Rap, attore. E anche (ex) giocatore di basket. Il centro più dominante che la storia del gioco ricordi insieme a Wilt Chamberlain. Shaquille Rashaun O'Neal è tutto questo. Shaq a 39 anni si ritira. Appende le scarpe - numero 57 - al chiodo. L'annuncio arriva con un messaggio sulla pagina Twitter: "Sto per ritirarmi. Ragazzi è andata. Dopo 19 anni ho deciso di smettere. Grazie mille. Lo voglio comunicare prima a voi tifosi perché mi avrete sempre sostenuto". Shaquille O'Neal aveva ancora un anno di contratto con i Boston Celtics. Che però non onorerà. Troppi i problemi fisici e la voglia di battere altre strade. Addio così al basket e all'Nba. Abbandona con quattro anelli (tre conquistati con i Lakers di Kobe Bryant, un altro con Miami e Dwayne Wayde) e diversi titoli di Mvp, miglior giocatore della lega e delle finalissime. Shaq mancherà al basket Usa, dove da anni si cerca - vanamente - un giocatore che possa fare soltanto la metà di quanto lui è stato in grado di realizzare sul parquet. Cresciuto cestisticamente nell'università Lsu (da lui ribattezzata "Love Shaq University"), approda nel grande basket con la maglia degli Orlando Magic, trascinati in finale e battuti dai Rockets di Hakeem Olajuwon. Poi la cavalcata con i lacustri di Los Angeles, che con lui, Kobe Bryant e la sapiente guida di coach-zen, Phil Jackson, verranno ricordati come una delle franchigie più forti nella storia del gioco. Ai Lakers riesce l'impresa: three-peat, tre titoli consecutivi, dal 2000 al 2002. Il rapporto con l'astro nascente, con Kobe, il figlio di Jellybean, è sempre stato burrascoso. Così Shaq lascia LA. Dalla California alla Florida. A Miami, O'Neal strappa il suo quarto titolo, trascinato dalla stella emergente, quel Dwayne Wade in procinto di bissare la vittoria di sei anni fa (i suoi Heat sono in vantaggio nella finalissima 2011 contro Dallas). Quindi Shaq abbandona anche la Florida, e comincia a vagabondare per la lega. La sua stella è in declino, e passa da Phoenix a Cleveland, dove al fianco di LeBron James prova a riscrivere la geografia del basket americano. Impresa fallita. Ultima tappa ai Boston Celtics. Gli infortuni, però, tarpano tarpano le ali a Shaq, che nell'ultima stagione è comunque riuscito ad esprimere il miglior gioco dai tempi del titolo con Miami, nel 2006. Ma a lui non basta, e così decide di farla finita con la pallacanestro. Mancherà questa montagna, all'Nba. Mancheranno quei 216 centimetri e quei 150 chili che però - sta qui il segreto di uno dei giocatori più forti nella storia del gioco - si muovevano su un paio di enormi piedi da ballerino. Mancherà la sua incredibile abilità. Mancherà la sua potenza, quella con cui sfondò due diversi cristalli dei tabelloni (contro New Jersey e contro Phoenix). Avremo nostalgia pure dei suoi tiri liberi: l'eterno tallone d'achille. Ma una giustificazione, Shaq, l'ha sempre avuta: da piccolo si dilettava a fare Super Man. Si dilettava spesso. Una volta, in pieno delirio da Clark Kent, si lanciò da un'altalena. Ma il suo strapotere non gli permetteva anche di volare. Cadde e si spezzò il polso, la cui funzionalità non è mai stata ripristinata del tutto. "E' questo il motivo per cui sono così scarso dalla linea della carità", ha spiegato più volte: "Non riesco a spezzare il movimento". Shaq si è mangiato allenatori dedicati solo ed esclusivamente all'allenamento del tiro libero come noccioline. Gli avevano consigliato di tirare come negli anni '50, a due mani e con la palla che parte da sotto le ginocchia: sicuro, ne avrebbe buttato dentro qualcuno in più. "Non scherziamo", aveva chiuso la porta. "Meglio sbagliarne più della metà ma non essere ridicolo". E così ne ha sbagliati più di 5mila, in carriera. Record condiviso con un solo giocatore: proprio con Wilt Chamberlain. Shaq lascia il basket anche con un titolo olimpico e uno mondiale. Lascia con 28mila e rotti punti, che fanno di lui il quinto marcatore nella storia dell'Nba. Shaq ha portato a casa anche un altro primato: ha fatto cambiare il regolamento al basket americano. Nei tempi in cui 'dove c'era lui si vinceva', quelli di Los Angeles per intendersi, le squadre ricorrevano al fallo sistematico per mandarlo in lunetta: tanto lui sbagliva. Hack-a-Shaq, si chiamava il 'metodo'. Troppo brutto, per il basket più bello del pianeta. Così si mise mano al regolamento: Hack-a-Shaq? Fanno due tiri liberi e palla a chi li ha tirati. E si smise di vessare la montagna umana. Shaq non ha ancora detto cosa farà da grande. Il suo sogno, lo ha sempre detto, è quello di fare lo sceriffo. E a tempo perso, lo sceriffo già lo faceva: tanto che ha già eseguito il suo primo arresto, anni fa. O'Neal potrebbe rimanere pure nel mondo del basket, però "mai come allenatore". E immaginarselo coach, in effetti, è difficile. Shaq potrebbe concentrarsi a tempo pieno sulla sua passione, la musica rap, oppure sorprendere con l'ultima delle sue bizzarrie. L'unica cosa certa è che chi ama questo sport, nonostante quella che in certi momenti è stata una strapotenza quasi fastidiosa, non potrà non sentire la mancanza di un giocatore - e un personaggio - irripetibile. di Andrea Tempestini