Bossi: "Il governo andrà avanti, non so se tranquillo"
Bossi, Maroni, Salvini: tre modi per tenere sulle spine Silvio Berlusconi. I tre leader leghisti, ciascuno a suo modo, mettono un po' di spazio tra il Pdl e il Carroccio: logico, visto il risultato-choc delle elezioni amministrative soprattutto a Milano. "Il governo andrà avanti", ha assicurato Umberto Bossi, prima di aggiungere un sibillino "non so se tranquillo". Come dire: si prevedono acque agitate nel centrodestra. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, a margine di un'audizione, è invece tornato a commentare i risultati del ballottaggio di lunedì: "Il segnale c'è stato ed è stato forte, non deve essere sottovalutato e io non lo faccio". Quindi il ministro fa capire di ritenere necessaria una verifica: "Adesso cerchiamo di capire se questa maggioranza ha la capacità di reagire o resta interte, che sarebbe la cosa peggiore. Mia nonna - ha proseguito Maroni - diceva che le sberle fanno male ma alla lunga fanno rinsavire, fanno imparare la lezione. Per adesso resta solo il dolore dello sberlone e spero che nei prossimi giorni, e non nelle prossime settimante, ciò faccia non solo capire perché è andata così, ma anche prendere delle adeguate contromisure". "CAV SCIOCCO" - Il più duro è stato però Matteo Salvini, il più radicato dei tre a Milano. Il suo obiettivo è direttamente Silvio Berlusconi: "E' stato sciocco a sostenere che sono senza cervello quelli che non la pensano come lui. Maroni non l'avrebbe mai detto", ha detto intervistato alla Zanzara su Radio24. "La Lega non è nata a destra e non morirà a destra, figuriamoci se morirà per Berlusconi - ha incalzato Salvini -. Non siamo disposti a morire per nessuno. Speriamo che abbia capito la legnata amministrativa e che acceleri quelle riforme che la gente ci chiede. "Vista come è finita la partita a Napoli e a Milano - ha concluso l'eurodeputato - Berlusconi doveva fare il contrario: lasciare Gigi D'Alessio a Napoli e venire lui a Milano a promettere che avrebbe comprato Hamsik". Però niente sfiducia al Cav: "Se si cambia allenatore si finisce peggio: deciderà Berlusconi il suo successore e il governo ora deve darsi da fare". Quindi una apertura nemmeno troppo timida al neo-sindaco di Milano, il rifondarolo Giuliano Pisapia: "Se ci proporrà delle cose intelligenti noi lo voteremo. Faremo un'opposizione seria e costruttiva". VERIFICA IN AULA - Almeno venti giorni: tanto si dovrà attendere per la verifica di governo richiesta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dopo l'allargamento della maggioranza ai Responsabili. Il dibattito parlamentare si terrà dopo il 20 giugno, come comunicato dalla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha infatti fatto presente l'intenzione del presidente del Senato, Renato Schifani, di affrontare la questione dopo i referendum del 12 giugno, ma in quella settimana la Camera sarà impegnata nell'esame del decreto legge sviluppo. Di qui la necessità di uno slitamento alla settimana successiva, quella che inizierà appunto il 20 giugno, cercando date che consentano di tenere vicini i passaggi di Senato e Camera. "La maggioranza - ha lamentato il capogruppo del Pd Dario Franceschini - si è opposta alla richiesta di fare la settimana prossima il passaggio parlamentare. E' evidente, sperano che i problemi si risolvano rinviandoli e questo lo paga il Paese". "Abbiamo accolto una richiesta del presidente - replica il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto -, è lui che si è contrapposto al presidente. Per noi il dibattito o domani o fra due settimane non cambia niente, perché la linea politica ce l'abbiamo precisa".