In Rai comanda solo... Lei: ferma Sgarbi e si schiera con la sinistra
Inutile girarci intorno, lo stop al programma di Vittorio Sgarbi (niente diretta, potrà andare in onda solo se accetta di registrare le puntate, in modo da controllare il prodotto) ha spiazzato tutti. La scelta della neo Direttore generale Lorenza Lei di fermare il critico d’arte tanto caro al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi - l’unico a visitare lo studio durante le prove - un po’ meno al resto della maggioranza, è un segnale politico mica da poco. Per qualcuno è una prova d’autonomia, per altri è solo una necessità contingente, legata ai rapporti con il Vaticano. Un dato, però, è evidente: per ora la Lei si è “coperta” solo a sinistra. Resta da capire quando salderà i conti con la maggioranza. Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera, aveva rubricato questo agire politico alla voce «cerchiobottista», per ora c’è solo il cerchio. E coloro che avevano incollato in modo spiccio la figurina di Lorenza Lei, nuovo direttore generale della Rai, nell’album dei player vicini al premier, dovrà cambiare raccoglitore. La Lei, questa Lei, per ora è a senso unico. A Santoro, per esempio, avrebbe promesso altre quattro puntate a giugno, per planare sui referendum e sulla coda dei ballottaggi. A Bruno Vespa ha chiesto di non replicare al conduttore di Annozero, gentilezza ripagata da “Michele chi?” con un’altra bordata d’insulti, fatta partire dal sito del programma. Con la storia dei dossier anonimi sulla direttora del Tg3, Bianca Berlinguer, ha fatto in modo di coprire tutto. Certo, vedrà i sindacati la prossima settimana. Nel frattempo, però, sulla graticola è finito il redattore del Tg1. D’accordo, l’ importante, è far uscire la Rai dalla palude dei veti incrociati, e per farlo serve la pace aziendale, ma lo strabismo di questi giorni non è esattamente edificante. Però non tutti sono così pessimisti. «Al di là dell’iconografia ufficiale che la dipinge come una donna tutta casa, chiesa e Rai, la Lei è una che sa fiutare l’aria che tira. Ed è quello che sta facendo. Cosa che Mauro Masi, invece, non ha mai fatto. O, forse, non ha voluto fare». La fonte è una di quelle che nel palazzone di viale Mazzini, quello del cavallo morente, ha un peso e un ruolo strategico. E che sa di Rai tanto quanto la direttorissima. Solo che adesso comanda la Lei. Ed essendo una che ama decidere, agire, fare, volendo rimettere la Rai sulla via del servizio pubblico, anche a costo di farsi qualche nemico, questo rischia di essere solo l’inizio. Tanto la resa dei conti ci sarà fra un anno, quando verrà rinnovato il consiglio di amministrazione. Cda che, nel frattempo, si sta muovendo come un sol uomo, attento a mettere i piedi esattamente dove li mette la Lei. Perché nessuno sa ancora quale sia esattamente il mandato ricevuto da Gianni Letta nel momento in cui, a Palazzo Chigi, ha ottenuto l’investitura. Normalizzare la Rai? Forse. Farla tornare ad essere un’azienda competitiva sul mercato? Anche. Risanare i conti prima del tracollo? Possibile. O, forse, la riposta sta semplicemente nel mix di questi fattori, l’uno complementare all’altro. «Il fatto che il cda, anche ieri, abbia votato all’unanimità il provvedimento che vara la ridefinizione dell’organizzazione», dice un altro “mazziniano” che chiede l’anonimato, «è la prova che la Lei ha rimesso in moto la macchina, sbloccando tutti quei progetti fermi nel cassetto da un anno». Come il varo del coordinamento strategico, editoriale ed economico, una sorta di superdirezione che guiderà i direttori di rete nella scelta dell’acquisto dei prodotti, razionalizzando spesa e offerta. A partorire l’idea era stato Masi, stanco dei doppioni in onda, ma poi aveva avuto paura della sua stessa creatura, chiudendola in un cassetto. La Lei l’ha aperto e l’ha fatta votare dal consiglio. L’uovo di colombo, viene da pensare. Certo, tutto questo è il canovaccio tipico di ogni inizio, ma la Lei è una che conosce l’azienda Rai da tempo, avendo avuto la fortuna agire nell’ombra quando Masi operava in pubblico. Anche troppo, visti i risultati. di Enrico Paoli