Un'agonia lunga 17 anni
Eluana Englaro era nata a Lecco, il 25 novembre 1970. La sua agonia comincia il 18 gennaio 1992 quando rimane vittima di un incidente stradale avvenuto al ritorno da una festa a Pescate, località alle porte di Lecco, finendo in stato vegetativo persistente. Il padre Beppino da sempre ha chiesto la sospensione dell’alimentazione artificiale e delle terapie, sostenendo che queste erano le volontà che la figlia aveva espresso dopo la morta di un amico avvenuto sempre per colpa di un incidente automobilistico, nel caso si fosse trovata nella stessa situazione. Il dibattito politico – culturale sulla sorte della donna si era acceso che la Corte di appello civile di Milano, lo scorso 9 luglio 2008, aveva autorizzato il padre, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata che manteneva in vita la figlia. Ma le Suore misericordine di Como, che dal 1994 si sono occupate di Eluana presso la casa di cura Beato Luigi Talamoni di Lecco, si sono rifiutate di interrompere l’idratazione e l’alimentazione forzate. La Procura di Milano aveva a sua volta presentato un ricorso contro il decreto della Corte d’appello. Un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione. Il 16 dicembre 2008 il ministro del Welfare con delega alla Sanità Maurizio Sacconi aveva emanato un atto di indirizzo che vieta alle strutture sanitarie pubbliche e quelle private convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione forzate. Lo scorso 26 gennaio il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto il ricorso della famiglia Englaro nei confronti della Regione Lombardia che si era fortemente opposta alla sentenza della Corte d’appello, consentendo ai famigliari di individuare la struttura dove poter far morire la figlia. La scelta è caduta sulla clinica La Quiete di Udine dove Eluana era giunta nella notte del 3 febbraio. Al mattino del 6 febbraio l’equipe medica aveva avviato la progressiva riduzione dell’alimentazione. Nello stesso giorno il dibattito politico si è fatto più acceso che mai dopo il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministro per impedire la sospensione delle cure. In una lettera indirizzata al governo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esprimeva un parere contrario alla azione dell’esecutivo che ha comunque tirato dritto: il premier Berlusconi aveva infatti convocato un altro Cdm alle otto di sera per formulare il disegno di legge da presentare al Parlamento. Lunedì 9 febbraio, mentre il Senato discuteva il provvedimento governativo, è arrivata la notizia che Eluana Englaro si era spenta alle 20:10, all’età di 38 anni. E la sua morte si tinge di giallo: sono state acquisite dalla Procura di Udine le cartelle cliniche. Si saprà solo domani mattina se sul corpo della donna verrà effettuata o meno l'autopsia. Lo deciderà il procuratore capo Antonio Biancardi insieme al medico legale e a un consulente nominato dalla procura. Tra gli elementi da valutare, appunto, anche la corretta applicazione dei protocollo per fugare ogni dubbio sull'improvviso decesso di Eluana alla vigilia del voto sul ddl. «La morte improvvisa di Eluana Englaro suona come un interrogativo. È giusto che si faccia immediatamente un'autopsia e si proceda ad esami tossicologici», ha dichiarato il professor Gianluigi Gigli, neurologo dell'Università di Udine, intervenuto durante la trasmissione Porta a Porta. «C'è enorme tristezza per quello che è accaduto -ha aggiunto- La morte di Eluana pone interrogativi anche sulle strutture sanitarie e sulla vocazione dei medici. Abbiamo assistito, tra l'altro, all'ignavia delle istituzioni sanitarie della Regione». «Lo ripeto -ha ribadito il neurologo- su questa morte rimangono dei dubbi, profonda tristezza e sdegno nei confronti di chi ha battuto le mani dopo aver appreso della morte di Eluana».