Veltroni in cerca di amici

Dario Mazzocchi

Il Partito democratico si è dato appuntamento oggi a Bologna per fare il punto della situazione, in occasione dell'assemblea nazionale degli amministratori in vista delle elezioni del 7 giugno. Un momento per mettere a tacere le tante voci che si sono levate contro la leadership di Veltroni e per ricordare che il collante all'interno del centrosinistra era e rimarrà Silvio Berlusconi: va combattuta la deriva autoritaria del governo di centrodestra. Eppure sono tanti i sassolini nella scarpa che Veltroni deve levarsi. Prima di tutto quello che porta il nome di Pierluigi Bersani, ormai uscito alla scoperto per la poltrona di numero uno del partito. Già il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, aveva definito "intempestiva" la candidatura di Bersani dalle pagine del Quotidiano nazionale. "Siamo in pieno tesseramento e non serve discutere di leadership alternative", sono state le sua parole. E così "Veltroni dovrà guidare il partito fino alla fine della legislatura". Il diretto interessato, Walter Veltroni, ha detto la sua dal palco di Bologna, paragonando il Pd ad un aereo ormai decollato e che "non può cambiare rotta altrimenti cade. Quel punto per noi è stato superato e non si torna indietro". Walter è certo che il Partito democratico sia "una forza di centrosinistra, una forza nuova che può essere quella principale di uno schieramento riformista". E così "se si pensava il contrario bisognava fermarsi prima". Poi ha dettato la linea per le Amministrative: "A livello locale è giusto fare tutte le alleanze, purché su base programmatica, ma a livello nazionale bisogna rispondere alla sfida riformista". Quindi se per le comunali ci si può alleare anche con i partito di sinistra come Rifondazione comunista e affini, a livello nazionale Veltroni non vuole tornare indietro. Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, ha invece tirato le orecchie alla dirigenza perché "serve la lingua dei cittadini, non dei palazzi romani". Lo ha detto con un accento un po' leghista, come lo ha definito lui stesso. "Dobbiamo esprimere una politica che sia una federazione di territori e non una federazione di correnti - ha affermato -. In caso contrario, anche in presenza di scontri legittimi, il rischio di autoreferenzialità è inesorabile". Infine una stoccata a chi nel Pd ha messo in discussione la legge per l'elezione diretta dei sindaci: "Così si mette in discussione una istituzione che ha rappresentato un legame tra politica e popolazione". Di uno "scollamento" tra livello nazionale e locale ha parlato anche Leonardo Domenici, primo cittadino di Firenza, dove il Pd corre il rischio di essere commissariato. "C'è un distacco preoccupante tra il livello nazionale e quello locale", ha accusato Domenici. Troppe parole contro, forse è il caso di darci un tono: deve averlo pensato il vicesegretario Dario Franceschini che nel suo intervento ha attaccato il nemico di sempre, Silvio Berlusconi: "Biosgna bloccare il suo disegno di sradicare le ragioni stesse della democrazia", ha tuonato. Serrare le fila dunque in vista del voto del 7 giugno: "E' lì la partita da vincere in un voto che non può che essere politico. Una partita che non può essere bloccata da nessuna tensione interna". Ma non basta per nascondere il malumore di chi ha voltato le spalle al capo Walter.