Pure il 25 aprile tradisce il Pd: fischi a Bersani

Giulio Bucchi

Più Berlusconi che Liberazione: il segretario del Pd Pier Luigi Bersani arriva a Milano per le celebrazioni del 25 aprile in piazza San Babila, attacca il premier, glissa sui rimproveri "ecumenici" del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, colmo dei colmi, si prende pure i fischi della sinistra più barricadera, che lo accoglie con "Sveglia" e "Venduto". Alla fine, dunque, il 25 aprile tradisce anche il numero uno del principale partito della sinistra italiana. A Milano, però, durante il corteo è andata in scena la consueta sceneggiata di antagonisti ed elettori dell'Idv, compatti nel chiedere la liberazione dal regime berlusconiano del duce Silvio. Anche quest'anno le celebrazioni del 25 aprile sono state strumentalizzate: "Bisogna ricordare il 25 aprile per sradicare gli allarmanti rigurgiti fascisti", ha dichiarato il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando. Poi le parole 'moderate' di Tonino Di Pietro, che parla di "un golpe strisciante che punta a uccidere la democrazia". VECCHIE OSSESSIONI DI BERSANI - "Così non si può andare avanti. Basta parlare di Berlusconi e dei suoi problemi, di Berlusconi sì o Berlusconi no". Suona quasi ironico l'appello di Bersani alla piazza, perché il Cavaliere è un fantasma che aleggia su ogni parola del segretario Pd. "Lavoro prima di tutto, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, equilibrio dei poteri e disciplina nello svolgere le funzioni pubbliche" sono gli slogan per "fare un'Italia migliore". Un'Italia che potrebbe però vedere Berlusconi futuro presidente della Repubblica. "Con questa legge elettorale - spiega Bersani - basta un voto in più per la Camera per avere la possibilità di fare il presidente della Repubblica". E per l'uomo di Bettola il Cav al Quirinale sarebbe un'eventualità "da brividi". Alla faccia del "nessuno vuole uno scontro cieco", come ha replicato lo stesso Bersani pochi minuti prima alle parole del presidente Napolitano. E da destra, fronte Pdl, arriva pronta la critica del capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, ad Affaritaliani.it: "Bersani semina solo odio. D'altronde anche lui a Milano ha raccolto dei fischi. Certo non contribuisce a costruire un Paese giusto". ELEZIONI COMUNALI - Bersani era a Milano anche per fare campagna elettorale pro-Pisapia. "A Milano si vince, ballottaggio o non ballottaggio", ha incalzato il segretario democratico. "Un mese e mezzo fa eravamo indietro nei sondaggi, ora siamo sul filo di lana". L'attesa della sinistra è quella di "un segnale che valga per il Paese". "Non vogliamo una spallata - aggiunge Bersani -, ma un segnale e che sia possibile parlare dei problemi del paese e non di una sola persona". Eccolo qua, il fantasma del Cavaliere. TENSIONE IN PIAZZA - In strada a Milano si respirava il consueto clima d'odio, e ci sono stati momenti di tensione quando i manifestanti dei centri sociali, sulle note di Bella ciao, hanno cercato di forzare il cordone di polizia: sono stati subito ricacciati indietro. Gli antagonisti hanno esposto uno striscione con scritto "Cacciare il raìs è possibile" e sul quale Berlusconi veniva rappresentato come Joker, il cattivo di Batman. Considerato il clima avvelenato e per evitare attacchi simili a quelli dell'anno precedente, il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha preferito non sfilare in corteo. Il Sindaco di Milano ha poi preso parola dal palco allestito in piazza Duomo. Al termine del suo intervento si è scatenata la solita violenza verbale, tra cori ("vergogna") e insulti ("fascista vattene"). ITALIA DEI VALORI - Non c'è però da stupirsi per il clima avvelenato, se si pensa all'atteggiamento tenuto e alle parole scelte dall'Italia dei Valori. Il portavoce Orlando non ha perso l'occasione per scagliarsi contro la maggioranza, ricordando come il 25 aprile "deve essere un patrimonio comune a tutte le forze politiche democratiche" e che "ognuno deve condannare fermamente gli attacchi alla Costituzione che si sono pericolosamente ripetuti negli ultimi giorni. La vittoria sul nazifascismo dalla quale è scaturita la nostra Carta costituzionale - ha proseguito nella sua arringa - è nel dna della nostra forza politica e i membri delle istituzioni deveono far fronte comune per difendere questo bene prezioso ultimamente troppo spesso minacciato". Poi Felice Belisario non ha esitato a bollare Berlusconi come "il ducetto di Arcore".