Lombardo come Bossi: "Sicilia, l'ora della secessione"
«Ma quale Padania! Ma quale Lega! Sono io, il presidente della Regione Siciliana, che dice a voi del Nord: basta così, la secessione la facciamo noi. La Trinacria se ne va, è prontissima ad arrangiarsi da sola». Il Governatore Lombardo comincia ad alzare la voce. Certo le cose stanno andando molto diversamente da come aveva sperato al momento dell’elezione. La sua giunta, di ribaltone in ribaltone è finita ostaggio del Pd che ora deve decidere se mantenere l’appoggio. Soprattutto se dalla Procura di Catania dovesse arrivare un avviso di garanzia per fatti di mafia. Nel frattempo Lombardo deve fronteggiare la concorrenza di Gianfranco Miccichè: Forza Sud sta mangiando lo spazio politico dell’Mpa proprio sul suo terreno preferito: i diritti del meridione scippati dal furore rapace del nord. «No, dico sul serio – ripete in questi giorni Lombardo -. In fin dei conti già nel 1943 la Sicilia vagheggiava di diventare una nazione autonoma e federata degli Stati Uniti d’America. Chiederò al ministro per il Federalismo, Umberto Bossi, che questa secessione la faccia veramente una volta per tutte. Ma in Sicilia. Ci mandi pure al diavolo». Lombardo rincara la dose, accettando l’idea dell’ideologo della Lega, Gianfanco Miglio, di creare in italia i cantoni, come in Svizzera. In realtà ha un’urgenza da risolvere che lo spinge ad esasperare i toni. Entro la prossima settimana deve approvare la finanziaria regionale. Altrimenti c’è il rischio del commissariamento. I soldi però, sono finiti. Si sono persi negli anni in mille rivoli di clientelismo che adesso è è molto difficile prosciugare. Tuttavia la contabilità impone le sue regole. Così è partito un progetto di riduzione dei costi molto doloroso. Per esempio incidendo sulla formazione finanziata dalla Regione. Un’organizzazione gigantesca e costosissima (500 milioni l’anno) ma assolutamente inutile. Sforna sartine e parricchieri, estetiste e improbabili tecnici di computer che, ovviamente, restano senza lavoro. Ma non importa. Contano gli stipendi che la Regione è in grado di erogare al sistema degli enti professionali. Solo che l’avvilimento economico sta rimescolando le carte. Da giorni il centro di Palermo è assediato da precari della pubblica amministrazione (fra cui molti ex ospiti dell’Ucciardone) rimasti senza stipendio e da dipendenti degli enti di formazione privi di futuro. Lombardo ha assolutamente bisogno di soldi. Soprattutto ne ha bisogno alla svelta. Così rilancia il tema delle accise sui prodotti petroliferi i cui proventi, pur promessi da anni, non arrivano mai. «Le sole entrate fiscali derivanti dalla raffinazione del petrolio negli impianti di Gela, Milazzo, Augusta, Ragusa, Priolo e Melilli ci bastano e avanzano per essere autosufficienti insieme con altre regioni. Sa quanto incassa di accise lo Stato italiano sulla nostra pelle? Dieci miliardi di euro». Certo se questi soldi arrivassero Lombardo avrebbe risolto i suoi problemi. Siccome gli sono stati promessi prova anche a metterli in bilancio. Tuttavia fino a quando non parte il bonifico da Roma si tratta solo di acrobazie contabili. Così il Governatore siciliano è costretto ad alzare la voce. A minacciare blitz d’autore nel tentativo di smuovere le acque. Aspetta anche lo sblocco dei fondi europei che Berlusconi gli aveva promesso due anni fa. Non è arrivato nulla. E allora Lombardo da Palazzo dei Normanni lancia le sue minacce. Tanto non ha moltissimo da perdere. Non ha ottenuto nulla quando andava a braccetto con Berlusconi. Figuriamoci adesso. Ma almeno può evitare lo smottamento di voti verso Gianfranco Miccichè che ha già cancellato l’Mpa in Campania. Se attacca anche la cassaforte di voti in Sicilia potrebbe mettersi davvero male per Lombardo. In realtà il Governatore siciliano è ormai un animale isolato nella savana della politica. A Roma non ha più sponde. A Palermo traballa agganciato ad un pugno di consiglieri regionali del Pd. Non resta che suonare la carica per tenere alto il morale dell’elettorato: «Il federalismo non si realizzerà affatto com’è stato pensato. E allora meglio che ciascuno vada per la propria strada. Si spaccherà il mio movimento su questa scelta? Pazienza. Scapperanno coloro che trovano più conveniente tirare a campare, lasciare che le cose restino come sono». di Nino Sunseri