Draghi: "Ripresa lenta". Giulio: "Meglio di altri"
"Il divario tra il nostro Paese e gli altri resta, anche nella fase di ripresa economica". Così il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in apertura dei lavori del Convegno svolto a Palazzo Koch, Europa 2020: quali riforme strutturali per l’Italia?. Quindi Draghi ha insistito sulle "difficoltà delle imprese italiane a essere competitive" e ha richiamato le responsabilità "della politica economica ad attuare strategie di modernizzazione del Paese" e quelle "degli stessi economisti nell'orientare le proprie ricerche e a comunicarne al pubblico i risultati". Secondo Draghi, in sintesi, "l'Italia sta uscendo dalla recessione lentamente". Pronta è arrivata la replica, a distanza, del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ha spiegato: "Non siamo messi male, sono gli italiani ad avere la tendenza ad autopenalizzarsi". Tremonti ha poi sottolineato come il debito pubblico "va tenuto sotto controllo" e che si sta lavorando intensamente a questo scopo, oltre ad affermare che sul debito "stiamo dopo la Germania", che si è distinta per la forte crescita dopo la crisi. Tremonti ha concluso aggiungendo che "però noi siamo allo stesso livello con gli altri Paesi". CRESCITA - "Negli anni Ottanta - ha proseguito Draghi al convegno - l’economia italiana è cresciuta del 25%; negli anni Novanta del 16%; tra il 2000 e il 2007 - prima della crisi - è cresciuta del 7%, mentre gli altri paesi dell’area dell’euro crescevano del 14. Nel biennio 2008-09 la crisi ci ha tolto 6,5 punti di Pil; mentre gli altri paesi dell’area ne perdevano 3,5" . Ecco perchè "il divario fra l’Italia e gli altri paesi - sottolinea il numero uno di Bankitalia - perdura nella fase di ripresa". CONTI PUBBLICI E PRESSIONE FISCALE - "La pressione fiscale continua a essere elevata nel confronto internazionale e in prospettiva storica" rileva Draghi. Questo avviene nonostante il fatto che l’indebitamento sia "per la prima volta dall’avvio dell’euro, nettamente inferiore al valore medio dell’area. La dinamica della spesa corrente è stata finalmente rallentata” ha detto il numero uno di Bankitalia, e questo anche grazie alla "buona tenuta del sistema bancario, alla solidità finanziaria di famiglie e imprese, a una prudente gestione del bilancio pubblico". Il punto è che "scontiamo scelte operate nei decenni precedenti, che trovano la loro sintesi nell’alto debito pubblico con cui abbiamo affrontato la crisi. Nel volgere di tre anni il debito è salito ancora, di 15 punti percentuali del pil, al 119 per cento, non lontano dai livelli dei primi anni Novanta. Ma allora il patrimonio pubblico era maggiore, la popolazione più giovane, vi era la prospettiva che il costo del debito si sarebbe ridotto". BISOGNO DI INNOVAZIONI - "La spesa in ricerca e sviluppo non può essere accresciuta in modo sostenibile attraverso sussidi pubblici; si richiedono innovazioni nel mondo delle imprese, negli apparati ministeriali e nel sistema dell’istruzione. L’incidenza della povertà non può essere ridotta accrescendo la spesa pubblica complessiva, occorre un’attenta revisione dell’assetto delle politiche sociali che concentri le risorse ove sono più necessarie". Senza contare, inoltre, che "una maggiore competitivita del sistema produttivo non può essere ottenuta con sostegni e difese dalla concorrenza: richiede un’attenta regolamentazione pro-competitiva dei mercati, ben disegnata e sorvegliata da regolatori indipendenti".