Lassini, cacciato un innocente. Ma il Cav sta con lui

Andrea Tempestini

Per il fondatore di Libero, Vittorio Feltri, "resta il fatto, molto grave, che il Pdl voglia cacciare l'unico proprio politico in grado di esibire il certificato di innocenza firmato dalla casta dei giudici". Si parla di Roberto Lassini, l'uomo dei manifesti anti-pm costretto a fare un passo indietro. Si tratta di un uomo, sottolinea Feltri, che "è stato vittima di quella che comunemente viene definita malagistizia: negli anni turbolenti di Tangentopoli, fu incarcerato una cinquantina di giorni, e, cinque anni più tardi, scagionato e quindi riabilitato". I manifesti contro le toghe di Milano, ha precisato Lassini stesso, erano una "goliardata". Roberto Lassini ha annunciato martedì che rinuncerà alla candidatura al consiglio comunale di Milano. Il 'peccato' che non può essere perdonato è quello di aver pensato e fatto stampare i manifesti 'Via le Br dalle procure". Lassini, sotto il fuoco incrociato del suo partito, è stato costretto alla marcia indietro. Si è poi detto "deluso ed amareggiato" in una lettera inviata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva ripreso la sua iniziativa bollandola come una "vergognosa provocazione". Martedì il premier, Silvio Berlusconi, ha telefonato alla candidata sindaco di Milano, Letizia Moratti, e allo stesso Lassini. "Lo comprendo - ha spiegato il premier - la magistratura ha stravolto la sua vita e quella dei suoi familiari" per una storia di Tangenti da cui Lassini fu poi prosciolto. Secondo il Cavaliere il suo gesto "è stato impulsivo e provocatorio", ma non per questo non comprensibile. Per queste ragioni il Presidente del Consiglio non ha voluto pubblicamente scagliarsi contro i manifesti 'incriminati'. Una buona occasione, questa, per il Partito Democratico, pronto a far montare l'ennesima polemica. "Il silenzio di Berlusconi sui manifesti cotnro i giudici milanesi - tuona in un'intervista al Messaggero Dario Franceschini - si commenta da solo. Tutto ciò è molto grave", stigmatizza il capogruppo del Pd alla Camera, per poi scagliarsi contro la riforma della giustizia, bollata come "l'ennesima manovra per andare in soccorso del premier".