Fini e l'accordo coi pm. Ricordate il 6 novembre 2009?

Andrea Tempestini

Silvio Berlusconi, in occasione dell'apertura della campagna elettorale di Letizia Moratti per il comune di Milano, ha riferito di aver saputo "direttamente da un magistrato" dell'accordo tra Gianfranco Fini e i pm: protezione per il leader di Futuro e Libertà in cambio del costante e assiduo tentativo di fermare ogni tipo di riforma del sistema giudiziario. Non a caso, da quando il futurista è fuoriuscito dal Pdl, il premier ha più volte sottolineato come "ora sia possibile riformare la giustizia". Il presidente della Camera ha respinto con sdegno le accuse al mittente, bollandole come "menzogne quotidiane", e parlando poi di un'escalation "non più tollerabile" da parte del presidente del Consiglio. Il 'moderato' Antonio Di Pietro, a cui è tanto caro il tintinnar di manette, ha reagito con veemenza all'affondo del Cav e ha minacciato: "Lo denuncio". Lunedì, volente o nolente, Gianfranco Fini è tornato nuovamente sulla polemica-giustizia lanciata la scorsa domenica da Berlusconi, ed ha espresso "vivo apprezzamento per la posizione istituzionale dell'Anm". Quindi è arrivato l'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dopo aver condannato i manifesti "Br-pm" di Milano ha chiesto, a tutti, di abbassare i toni della polemica sulle riforme della magistratura. Gianfranco, anche in questo caso, non ha perso tempo per allontanare l'ombra delle accuse di Berlusconi ed ha aggiunto che "il Capo dello Stato ha interpretato ancora una volta il sentimento di tutti gli italiani". La polemica scatenata dalle accuse del Presidente del Consiglio, c'è da scommetterci, si trascinerà ancora per giorni. Per questo motivo, anche se nessuno si sarà dimenticato dell'episodio, in questo contesto può avere una certa rilevanza 'ripescare' un episodio chiave nella recente storia della politica italiana. Torniamo indietro, al 6 novembre del 2009, quando i rapporti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini stavano conoscendo le prime - pesanti - tensioni che avrebbero degradato fino allo strappo del Presidente della Camera. Quel 6 novembre Fini, a Pescara, partecipava alla giornata conclusiva del Premio Borsellino. In quell'occasione discuteva con il procuratore Nicola Trifuoggi, seduto accanto a lui. Gianfranco era convinto che la conversazione si svolgesse nel più assoluto riserbo, a microfoni spenti, e così si lasciò andare a giudizi tranchant sulla attualità di allora e sul premier. E tra frasi meno significative, quali "se ti sente il Presidente del Consiglio (Berlusconi, ndr) si incazza" e "sono un ragazzaccio io", ne escono altre ben più 'pensanti'. Riguardate il video di Pescara su LiberoTv. Le prime frasi su cui si deve tornare sono quelle sulle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che "possono aprire scenari...una bomba atomica. E' una tale bomba". Il punto è che Spatuzza tirava in ballo l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, all'epoca vice presidente del Csm, e Silvio Berlusconi. Quanto poi le affermazioni di Spatuzza siano state giudicate rilevanti e attendibili fa già parte della storia. Poi Gianfranco si spende in un attacco frontale nei confronti del premier, che "confonde il consenso popolare, che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia. Magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento". Quindi il presidente della Camera racconta a Trifuoggi di aver detto a Berlusconi che "lui confonde la leadership con la monarchia assoluta". Quindi, continua Fini, "in privato gli ho detto: 'Oh! Ricordati che gli hanno tagliato la testa a Cesare. Quindi, statte quieto". Tutte frasi, quelle di Gianfranco, che ovviamente non confermano le accuse che gli ha rivolto Silvio Berlusconi. Certo, il presidente della Camera conosceva da tempo Trifuoggi, con lui aveva una certa confidenza. Però Fini si lasciò andare a esternazioni che ebbero enormi conseguenze politiche in un contesto dove la discrezione sarebbe stata d'obbligo. Gianfranco si lasciò sfuggire quelle frasi con una disinvoltura che, pur non dimostrando nulla, alla luce di quanto denunciato dal premier può essere interpretata con un briciolo di malizia in più.