Sacconi: "Gli immigrati non ci rubano il lavoro"
Per il rilancio dell'economia, il governo sta per presantare il 'piano per la crescita'. Per capire di che cosa si tratta, il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ne parla con Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il colloquio è stato trasmesso ne La Telefonata di Mattino 5. Lei ha detto che in quindici giorni ci sarà questo piano per la crescita. In che cosa consiste? Ci sarà un primo provvedimento con una serie di disposizioni di carattere regolatorio che hanno l'obiettivo di accelerare la realizzazione di molti investimenti pubblici di pubblica utilità finanziati direttamente dallo stato o indirettamente dal settore privato. Noi continuiamo nell'opera di stabilizzazione della finanza pubblica perché siamo un Paese dal grande debito. I mercati finanziari sono ancora instabili. Contemporaneamente però pensiamo sia possibile accelerare la crescita con l'occupazione. Il programma complessivo è nel programma di riforma che abbiamo consegnato alla Unione Europea, come tutti i Paesi membri devono fare in base al nuovo Patto. Li vi è anche l'ambiziosa riforma fiscale che ridisegni complessivamente il nostro assetto fiscale in favore del lavoro, della famiglia e della ricerca. Quindi secondo lei è possibile immaginare una diminuzione dei tassi di disoccupazione nel Mezzogiorno e nelle aree giovanili? Non dimentichiamo che l'Italia ha un tasso di disoccupazione inferiore di un punto e mezzo alla media europea. Rimane un tasso significativo ma è bene ricordare che abbiamo assorbito il pesante impatto della crisi mondiale su una economia esportatrice grazie a strumenti come la cassa integrazione o i contratti di solidarietà. Nei giovani il tasso è più alto, come accade in tutti i Paesi: su di loro pensiamo di riuscire a realizzare risultati migliori rilanciando e riformando il contratto di apprendistato. Vorremmo sia il contratto tipico con cui un giovane entra nel mercato del lavoro e recupera competenze che spesso il sistema educativo non fornisce. Il ministro dell'Economia Tremonti, al Fondo monetario, ha detto che i lavoratori extracomunitari non rubano posti di lavoro agli italiani: sono tutti occupati perché fanno lavori che gli italiani non vogliono fare. E' vero? In effetti noi non abbiamo mai registrato particolari tensioni esplicite tra immigrati e italiani per quanto riguarda l'accesso all'occupazione. Nel senso che diffusamente il lavoro immigrato si è orientato a lavori rifiutati dagli italiani. Credo che la crisi stia cambiando un po' le cose, e che ci sia una disponibilità maggiore anche ad alcune occupazioni fino a ieri rifiutate. Secondo lei quindi non c'è concorrenza? I lavoratori stranieri non abbassano i salari di quelli italiani? No, assolutamente no. Non dimentichiamo che, da un lato, disponiamo di unn sistema di regole del lavoro che garantiscono i lavoratori. Sono possibili le patologie come il lavoro nero, ovviamente, e abbiamo rafforzato molto l'attività di vigilianza incrociando le nostre competenze con quelle della Guardia di Finanza, dell'Agenzia delle entrate e delle stazioni territoriali dell'arma dei Carabinieri. Ma un lavoro regolare deve rispettare ciò che leggi e contratti collettivi dispongono. Non direi che c'è un effetto di questo tipo. Talora, nel Mezzogiorno, l'occupazione irregolare di immigrati può ritardare i processi di ammodernamento dell'agricoltura o del turismo o dell'edilizia. Questo può accadere, ma per questo abbiamo realizzato un programma straordinario di vigilanza. La settimana scorsa c'è stata la sentenza su Thyssen. E' giusta secondo lei? E' troppo pesante? C'è il rischio che i dirigenti di questa fabbrica decidano di abbandonare l'Italia e tornare in Germania? Non credo, l'accusa aveva presentato un impianto accusatorio molto solido. Quello che deve accadere in conseguenza alla tragedia di Torino è un maggiore impegno di tutti nella prevenzione, perché nessuna sentenza può restituire il grande dolore dei colleghi e dei parenti delle vittime e la vita a quelle persone. Quindi è la prevenzione la risposta fondamentale, e una prevenzione efficace è quella che si realizza attraverso la collaborazione tra lavoratori e lavoratrici da un lato, e azienda dall'altro perché l'approcio non sia solo formalistico per adempimenti.