Il 'caso' Mullah Omar, parla la Maglie: Non sono una talebana
E' da poco uscito 'Il Mullah Omar' (Marsilio editori, pp. 178, euro 16,5), l'ultimo pamphlet del giornalista Massimo Fini. Nel saggio la biografia del leader talebano, guida spirituale dei mujaeddin afghani. Lunedì 11 aprile Souad Sbai, Maria Giovanna Maglie e altri rappresentanti di associazioni hanno deciso di intraprendere vie legali contro Fini, perché offesi da alcune frasi contenute nel libro e in un articolo che il giornalista ha pubblicato su Libero. Sulle nostre pagine, con una recensione critica del volume, il dibattito era stato iniziato da Giampiero Mughini, poi è proeguito con lo scambio epistolare tra lo stesso Fini e Francesco Borgonovo. Ora tocca a Maria Giovanna Maglie, che spiega perché vuole portare in tribunale la biografia del guerrigliero. Talebani a chi, cari amici e colleghi di Libero? Alle donne arabe, a quelle pakistane, ai dissidenti iraniani esuli in Italia, agli islamici moderati, insomma a gente che le sofferenze del fondamentalismo islamico le porta sulla carne propria, a rischio della vita o in una vita lontana dalla patria? Talebane alle donne del Prodomed, che sono arabe, cristiane, ebree, tutte assieme nel tentativo di pensare a una politica di pace per il Mediterraneo? Talebana a Souad Sbai, un deputato che onora il Parlamento italiano, tutta la vita spesa a difendere le donne musulmane immigrate dai maschi padroni e assassini delle loro famiglie e dalla distrazione dello Stato italiano? Souad Sbai, che per la sua battaglia è stata avvelenata e ha sofferto per anni, e non ne ha mai fatto pubblicità alcuna? Di me si può dire qualunque cosa, me ne infischio da quasi un ventennio, mi basta quel che mi dicono i lettori, le donne che incontro, le persone che sanno quanta passione e sprezzo delle conseguenze io metta nelle cose che studio e vado scrivendo e sostenendo. Talebani a noi, che denunciamo il pericolo che il libro di Massimo Fini rappresenta, o pericolosi incoscienti a quelli che un giorno denunciano sacrosantamente il pericolo del fondamentalismo islamico là dove è nato e qui dove sta pesantemente arrivando, che un giorno ricordano con passione la lezione profetica di Oriana Fallaci, e un altro si dilettano nel politically correct, solo perché delle idee orribili ed eversive le sostiene uno dei compagnucci della parrocchietta? Sì, quel libro è un insulto all’Occidente, ed è un elogio del terrorismo stragista. Massimo Fini ne Il Mullah Omar sostiene che il capo dei terroristi talebani, amico e complice degli ayatollah iraniani, addestratore degli autori delle stragi dell’11 settembre del 2001, amico e sodale di Osama bin Laden, torturatore di donne e distruttore del patrimonio artistico mondiale, assassino dei nostri soldati in missione in Afghanistan, è migliore del presidente del Senato italiano, Renato Schifani. Sostiene che i nostri militari eroi in Afghanistan sono degli odiosi invasori; sostiene che il burqa, che soffoca e umilia corpo e parola delle donne, è più dignitoso dello sculettare in tanga delle libere donne italiane. Sì, noi che intendiamo portarlo a rispondere di quello che ha scritto nei tribunali, lo giudichiamo indegno, scandaloso, inaccettabile. Lo giudichiamo pericoloso per chi lo dovesse leggere, e in quella esaltazione di un uomo che professa l’odioso principio dell’inferiorità della donna, di un uomo che fa saltare sulle mine i soldati che cercano di portare un minimo di libertà, dovesse trovare giustificazione, e perfino ispirazione. Ne abbiamo le scatole piene di cattivi maestri. Ne abbiamo le scatole piene degli epigoni contemporanei del vecchio “sono compagni che sbagliano”, trasformato in “è un intellettuale che sbaglia, ma è sempre uno di noi”. A noi non interessa il birignao da nomenclatura che esalta «la provocazione» e approva «il coraggio intellettuale», mentre si dissocia in punta di piedi da «gli eccessi», ricordando subito dopo quanto era bello però un altro libro che l’autore oggi criticato aveva scritto qualche anno fa. Non ci interessa nemmeno difendere Silvio Berlusconi, pur comprendendo benissimo con chi ce l’hanno certi accusatori dell’Occidente corrotto, perché il presidente del Consiglio si difende benissimo da solo, soprattutto da argomenti così risibili. Ci interessano invece le donne costrette al burqa, al niqab, alla segregazione, alla poligamia. Stanno in Afghanistan, molte di meno di quando comandavano i Talebani, e soprattutto nelle zone nelle quali ancora scorrazzano i Talebani, stanno anche da noi, molte di più di quante non crediate. Nell’ultima settimana sono state aperte in Italia tre moschee abusive, imperversa Radio Islam in lingua italiana, è ferma la nostra legge contro il velo integrale... Interessa a qualcuno? Fini dice che il burqa è «dignitoso» e che le «afghane non hanno rinunciato» a indossarlo, che stanno meglio delle donne occidentali, quelle che «sculettano in tanga». Non c’è dubbio che le donne le preferisca tutte schiave. Infatti ha scritto che: «Hanno la lingua biforcuta. L’uomo è diretto, la donna trasversale. L’uomo è lineare, la donna serpentina. Per l’uomo la linea più breve per congiungere due punti è la retta, per la donna l’arabesco. Lei è insondabile, sfuggente, imprevedibile». «Sul sesso», prosegue, «hanno fondato il loro potere mettendoci dalla parte della domanda, anche se la cosa, a ben vedere, interessa e piace molto più a lei che a lui. Il suo godimento - quando le cose funzionano - è totale, il nostro solo settoriale, al limite mentale (“Hanno sempre da guadagnarci con quella loro bocca pelosa”, scrive Sartre)». E ancora: «La donna è baccante, orgiastica, dionisiaca, caotica, per lei nessuna regola, nessun principio può valere più di un istinto vitale. E quindi totalmente inaffidabile. Per questo, per secoli o millenni, l’uomo ha cercato di irreggimentarla, di circoscriverla, di limitarla, perché nessuna società regolata può basarsi sul caso femminile». Andiamo avanti: «Ma adesso che si sono finalmente “liberate” sono diventate davvero insopportabili... Han perso, per qualche carrieruccia da segretaria, ogni femminilità, ogni dolcezza, ogni istinto materno nei confronti del marito o compagno che sia, e spesso anche dei figli.... Nel 95% dei casi di separazione, si tengono figli e casa, mentre il marito è l’unico soggetto che può essere sbattuto da un giorno all’altro sulla strada... «Non fan che provocare, sculando in bikini, in tanga, in mini, ma se in ufficio le fai un’innocente carezza sui capelli è già molestia sessuale, se dopo che ti ha dato il suo cellulare la chiami due volte è già stalking, se in strada, vedendola passare con aria imperiale, le fai un fischio, cosa di cui dovrebbero essere solo contente e che rimpiangeranno quando non accadrà più, siamo già ai limiti dello stupro». Capito? Per i “risentiti ficali”, sottospecie del risentito sociale già così presente in Italia, non c’è che il mullah Omar come salvezza. Talebani a noi? Fate pure, noi andiamo avanti, e se ci voltiamo la buona compagnia aumenta. di Maria Giovanna Maglie