Ghedini, pressing su Bruti: "Indaghi su fuga notizie"
Le toghe milanesi perseverano nel negare l'evidenza del loro errore. Secondo il procuratore capo del capoluogo lombardo, Edmondo Bruti Liberati, per quel che riguarda le intercettazioni a Silvio Berlusconi nell'ambito del caso Ruby recentemente finite sulle pagine dei quotidiani, non c'è nessuna responsabilità della procura. Secondo Bruti, il deposito delle tre telefonate al centro dell'attenzione mediatica - nelle quali il presidente del Consiglio parla con Nicole Minetti e con altre due ragazze ospiti delle cene di Arcore - è avvenuto nel pieno rispetto della legge Boato. Dopo le dichiarazioni di Bruti, i legali del premier - Niccolò Ghedini e Piero Longo - sono passati al contrattacco, chiedendo in una nota che venga fatta luce sulla fuga di notizie. "RISPETTATA LEGGE BOATO" - Secondo quanto dichiarato dal procuratore capo di Milano, "abbiamo depositato quello che dovevamo depositare. L'attività di questa procura è stata condotta nel più rigoroso rispetto dei limiti della legge Boato e della normativa del codice di procedura penale relativa alle intercettazioni telefoniche oltre che con l'adozione di tutte le tutele sul segreto delle indagini". Peccato, però, che - primo - le intercettazioni al premier avrebbero dovuto essere autorizzate dalla Camera e che - secondo - in barba a "tutte le tutele sul segreto delle indagini", le conversazioni di Berlusconi siano state spiattellate sulle pagine dei quotidiani. "DEPOSITO SOLO PER LA DIFESA" - Bruti Liberati, però, non si limita a negare qualunque responsabilità del suo pool, impegnato in una caccia all'uomo forse più mediatica che giudiziaria nei confronti del Cavaliere, ma sostiene che le trascrizioni delle conversazioni fossero in possesso soltanto degli avvocati del premier. "Il deposito disposto in data 11/29 marzo per la sola difesa dell'onorevole Berlusconi - ha sottolineato il procuratore capo - è per il Pm un atto rigorosamente dovuto a garanzia del diritto di difesa nell'ambito della procedura prevista dall'articolo 268 del codice di procedura penale". Ma la difesa a oltranza di Bruti non è ancora finita. "Le telefonate in cui compare come interlocutore indiretto l'onorevole Berlusconi - continua - non sono state indicate tra le fonti di prova e di esse, pertanto, non è stata richiesta alla Camera l'autorizzazione all'utilizzazione a carico dell'imputato" nel procedimento sfociato nel processo in cui è imputato il Cavaliere. Infine, secondo Bruti, il deposito delle telefonate tra Berlusconi e tre ragazze "non è stato un errore della procura, ma una scelta fatta nel rispetto delle garanzie della difesa". Riguardo alla pubblicazione delle conversazioni di Berlusconi sul Corriere della Sera, Liberati ha puntualizzato: "Non è compito di questo ufficio esprimere valutazioni in ordine alla avvenuta pubblicazione sulla stampa di atti sui quali, a seguito del dovuto deposito alla difesa, è venuto meno il segreto delle indagini". LA REPLICA DEI LEGALI DEL PREMIER - "La nota della Procura di Milano in merito alla pubblicazione di alcune intercettazioni telefoniche riguardanti il presidente Berlusconi desta assoluto stupore - scrivono i legali del Premier - per evitare ulteriori polemiche la difesa del Presidente Berlusconi aveva evitato qualsiasi commento sul punto, riservandosi di intervenire nelle sedi proprie ovvero a dibattimento, ma a seguito di ciò corre l'obbligo di precisare che: le intercettazioni erano in possesso non solo della difesa, ma principalmente della stessa Procura della Repubblica di Milano. Anzichè occupare il tempo con comunicati stampa, indaghi la Procura di Milano o, forse meglio sarebbe lo facesse altra procura, per verificare chi ha consegnato ai giornali quelle intercettazioni. Certamente non la difesa del Presidente Berlusconi". I legali successivamente precisano che la difesa non aveva alcun interesse a divulgare quelle intercettazioni: "Nessun interesse vi era ovviamente da parte della difesa alla propalazione di tali intercettazioni, sulla cui illegittimità avrebbe potuto e dovuto interloquire in sede dibattimentale senza dover fornire anticipatamente alcuna indicazione in merito. Le intercettazioni in oggetto, così come i tabulati, non dovevano assolutamente essere inserite negli atti, né potevano essere trascritte trattandosi con ogni evidenza di illegittime intercettazioni indirette così come definite dalla Corte Costituzionale". Quindi la chiara accusa nei confronti della Procura: "E' assai peculiare che ci si ricordi dei diritti della difesa soltanto per depositare atti illegittimi ed irrilevanti processualmente ma di esclusivo interesse mediatico".