Yemen, fuoco su folla. Così gli Usa lasciano Saleh

Federica Lazzarini

Si fanno sempre più violenti gli scontri in Yemen, dove l'esercito lealista non esita più a sparare sui manifestanti per disperdere i cortei che chiedono le dimissione del presidente Saleh. Le numerose ferite alla testa e al petto indicano che le pistole non sparano al cielo ma direttamente ad altezza d'uomo. Una svolta violenta che richia di isolare sempre più il governo yemanita, ormai sul punto di essere abbandonato anche dagli alleati storici, gli Stati Uniti. FUOCO SUI MANIFESTANTI - Soldati yemeniti hanno ucciso dieci manifestanti a Taiz, 200 chilometri a sud della capitale Sanaa. Il bilancio, fornito dal responsabile dell'ospedale improvvisato dai manifestanti a piazza della Libertà, Zakariya Abdul-Qader, e citato da al Jazeera, è molto più pesante del precente resoconto di alcuni testimoni. Si era parlato infatti di un solo morto e 30 feriti, dei quali 9 colpiti alla testa e al petto. Secondo le testimonianze, decine di migliaia di manifestanti stavano marciando verso la sede del governo per chiedere la cacciata del presidente Ali Abdullah Saleh, quando i militari hanno cominciato a sparare da più parti. La polizia ha inoltre disperso con cariche e lanci di lacrimogeni un corteo di manifestanti diretto verso il palazzo presidenziale a Hudaida, città dello Yemen affacciata sul Mar Rosso. Fonti mediche hanno riferito che 409 persone sono rimaste ferite negli incidenti. Il bilancio, secondo i testimoni, potrebbe essere più pesante. OBAMA PRONTO AL VOLTAFACCIA - La crudele repressione del governo avrebbe costretto anche gli americani a ritirare il loro appoggio a Saleh. Gli Stati Uniti, a lungo sostenitori del presidente yemenita, sarebbero arrivati alla conclusione che Ali Abdullah Saleh non sarebbe in grado di realizzare le riforme richieste e dovrebbe pertanto essere allontanato dal potere. Lo rivelano funzionari americani e yemeniti citati oggi dal New York Times. L'amministrazione Obama ha continuato a sostenere in privato Saleh ed ha evitato di criticarlo in pubblico in modo diretto perchè è sempre stato considerato un alleato chiave nella lotta contro il terrorismo di Al Qaeda. Un atteggiamento che ha attirato critiche all’amministrazione Obama, accusata di essere intervenuta contro il regime in Libia e di non essersi mossa per paesi considerati invece alleati strategici come lo Yemen e il Bahrein. Questa posizione è iniziata a cambiare nell’ultima settimana,   spiegano funzionari dell’amministrazione. Non vi sono state aperte pressioni nei confronti di Saleh, ma in privato i rappresentanti   dell’amministrazione hanno spiegato agli alleati che ritengono giunto il momento per Saleh di andarsene.