Yara, per aiutarla si può iniziare dal funerale
Occorre ora, dopo la sofferenza, la pietas delle piccole cose. A questo punto, per Yara Gambirasio, non pesano più le teorie sulla morte, avvenuta -sui media- più volte; nè la pista della setta satanica, nè il presunto sgozzamento con la trachea aperta come un fiore, nè gli oggetti contundenti che s’accanirono sul corpo, elementi inquieti nel racconto della cronaca nera. No. Oggi, sul sorriso smorzato di Yara e sulle sue foto nella palestra di Brembate Sopra che potrebbe divenire una cripta, pesa il dramma del tumulo fuori tempo massimo. Infatti, mentre il corpo della ragazza giace sul tavolo di un anatomopatologo “a disposizione dell’autorità giudiziaria”, l’intero paese prega, lacrima e s’indigna per il mancato funerale. Recitava l’altro giorno il giornale locale: “Yara sarà seppellita nel cimitero di Bonate Sopra (a 150 metri dalla palestra che lei frequentava). La sua tomba sarà posta al fianco di quella di nonno Romano e nonna Maria, così come hanno simbolicamente voluto scegliere i genitori della piccola”. Il funerale doveva essere celebrato, prima, all’aperto. Poi, appunto, nella palestra, alla presenza di migliaia di cittadini e centinaia di “tute gialle e blu”, tra volontari e semplici cittadini commossi. Doveva essere il 27 marzo. Poi il 3 aprile. Ma il termine sembra sempre più slittare come un’agonia che ha assunto dimensione nazionale. Eppure il funerale sarebbe doveroso. E con tutta la sua necessaria liturgia: la veglia del defunto esposto all’affetto dei cari; la messa esequiale in chiesa con l’aspersione della bara all’incenso e alle lacrime; l’inumazione che cauterizza, finalmente, il dolore lancinante e che consente di chiudere un capitolo per chi se ne va, dando la possibilità di aprirne un altro per chi rimane. La famiglia di Yara è religiosissima. Il padre organizzava le attività dell’oratorio, la madre maestra prega sempre prima dei pasti, i fratellini hanno potenti nomi biblici. Per costoro, che si siedono a tavola con un buco dell’anima, il funerale di Yara è più di un atto, è la palingenesi. Indica non solo l’uscita definitiva della ragazza dal gruppo sociale, ma la presa d’atto d’un inevitabile ciclo naturale. Nell’antica Grecia si riteneva che la celebrazione del rituale propiziasse il viaggio del defunto verso l’Ade; si credeva infatti che l’anima di chi non avesse ricevuto onori funebri fosse condannata a vagare senza pace, e perseguitasse quanti non avevano osservato l’obbligo dei funerali. Forse Bergamo non è Atene. Ma l’onoranza funebre, il rispetto per la morte è imprescindibile almeno quanto quello per la vita... di Francesco Specchia