Lavorare (alla Camera) stanca: massaggi shiatsu pagati da Stato

Giulio Bucchi

Ora c’è una prova scientifica: se fai il deputato per qualche anno e la volta successiva non ti candidi più, va a finire che ti ammali. Bisogna che lo sappiano i leader di partito che fanno le liste elettorali: c’è un virus in più che gira fra chi non è ricandidato. La prova viene dall’amministrazione della Camera dei deputati, che ha diviso per categoria di beneficiari i rimborsi medici presentati da chi ne aveva diritto nel 2010. La categoria più cagionevole di salute è proprio quella dei deputati trombati nel 2008: in media hanno speso per cure 4.541 euro a testa. Più dei deputati in carica (4.354 euro a testa) e assai di più dei vecchi deputati che ormai si sono rassegnati alla pensione e ogni mese ricevono il loro vitalizio (4.023 euro a testa). Sarà un virus particolare a colpirli, o forse banalmente è il maggior tempo che hanno a disposizione per curarsi. Anche perché la Camera sembra particolarmente generosa nei rimborsi medici ai suoi assistiti. Come hanno scoperto i radicali guidati dal segretario Mario Staderini e dalla pasionaria Rita Bernardini che ha fatto richiesta ufficiale, la Camera rimborsa anche i massaggi shiatsu e la balneoterapia se regolarmente prescritta da un medico. Passate con generosità anche tutte le spese sopportate per le cure termali, di cui sembra che i parlamentari italiani abbiano particolarissimo bisogno. Per questioni di privacy che a palazzo si invoca con una certa generosità, i radicali non hanno potuto avere l’elenco completo delle prestazioni garantite dalla assistenza sanitaria integrativa, una sorta di mutua supplementare ad hoc della Camera. Ma hanno avuto conferma dell’autorizzazione alla “shiatsuterapia”, come della esclusione dalle prestazioni rimborsate della “elettroscultura”. Per rimborsare le spese mediche l’amministrazione di Montecitorio ha erogato nel 2010 (il conteggio è ancora provvisorio) la bellezza di 10 milioni e 117 mila euro. La cifra è destinata a crescere con i conteggi definitivi. Per altro la salute è una delle voci perennemente in deficit della Camera dei deputati: a palazzo evidentemente ci si ammala più del previsto. L’ultimo conto economico ufficiale risale al 2008. Quell’anno, il primo di questa legislatura, furono erogati rimborsi medici per 12 milioni e 115 mila euro. Il totale dei contributi incassati nello stesso periodo era di 11 milioni e 505 mila euro. Si è creato quindi un buco di 609 mila euro. Non è solo colpa di soggiorni alle terme o di massaggi shiatsu utilizzati in abbondanza. Il fatto è che anche la platea dei beneficiari è piuttosto larga. Secondo il lungo elenco ottenuto dai radicali hanno diritto a quei rimborsi ben 5.574 fra deputati e loro familiari. Ci sono quelli in carica (630), i loro congiunti (1.109), compresi i conviventi more uxorio da almeno tre anni; poi ci sono i deputati che già percepiscono la pensione-vitalizio (1.329) e i loro familiari (1.388). Ma usufruiscono della mutua extra di Montecitorio anche i vedovi o le vedove di parlamentari (484) e i loro familiari (25), e pure i deputati che la pensione ancora non hanno diritto di prendere ma non sono più stati eletti in parlamento (217), così come i loro familiari (386). Hanno presentat nel 2010 - avendone il diritto - richieste di rimborso di spese mediche alla Camera anche due giudici emeriti della Corte Costituzionale, due loro familiari e due familiari di attuali membri della Corte Costituzionale. I dati sull’assistenza sanitaria dei deputati sono stati messi su Internet insieme a due altri documenti proprio dai radicali che dopo avere raccolto tutti i contratti di fornitura di Camera e Senato hanno deciso di rilasciarli con il contagocce in una sezione del sito del partito chiamata non a caso “Parlamento Wikileaks”. Come dire che Marco Pannella si è ritagliato nel suo paese un profilo alla Julian Assange. In effetti in questi anni solo la sparuta pattuglia radicale ha tenacemente costretto l’amministrazione di palazzo a un minimo di trasparenza. La Bernardini l’anno scorso era riuscita a rendere pubblici quasi tutti i contratti in corso della Camera dei deputati, ora si alza il velo anche sul Senato sia pure ancora con molte resistenze e numerosi omissis. Ora a parte mettere a disposizione di tutti i contratti (il rilascio si è intoppato nell’attesa di risolvere alcune querelle sulla privacy dei fornitori), i radicali si sono lanciati in una campagna di “mail bombing” (letteralmente bombardamento di messaggi di posta elettronica) nei confronti dei loro colleghi deputati e senatori perché mettano on line la propria situazione patrimoniale: la dichiarazione dei redditi ma anche gli investimenti finanziari e nel mattone. Si contano sulle punta delle dita i parlamentari che hanno accettato questo livello di trasparenza (pochi più della pattuglia radicale che da sempre lo fa), ma è possibile che con po’ di pressing questa buona pratica si faccia finalmente strada anche nel parlamento italiano, come accade in altre democrazie avanzate. di Franco Bechis