Un radicale con il Pdl: no a 'election day'. Pd sconfitto

Andrea Tempestini

Il radicale Marco Beltrandi si schiera con il governo, e grazie al suo voto non passa alla Camera  la mozione Franceschini, con cui veniva chiesto l'accorpamento delle elezioni amministrative con il referendum, il cosiddetto election day. INSORGE IL PD - I Democratici hanno subito protestato per la scelta di Beltrandi, bollata come "gravissima". Per Rosy bindi, presidente del Pd, "ci sono momenti nei quali la disciplina di un gruppo è fondamentale". Tradotta, la dichiarazione di Rosy significa che Beltrandi rischia l'espulsione dal partito di Pier Luigi Bersani. Il radicale ha poi voluto spiegare il suo gesto: "Il mio dissenso è politico, figuriamoci se intendo passare in maggioranza. Il dissenso dal gruppo ci può essere ed inceve il Pd, in una riunione lunedì sera, ha avuto una reazione verso di me che mi ha colpito negativamente. Ritengo", ha concluso Beltrandi, "che finché c'è il quorum, l'abbinamento delle due date è un escamotage per raggiungerlo. Ma se si crea questo precedente, vuol dire che ogni governo potrebbe abbinare le date per pilotare l'esito del referendum". I NUMERI - Il voto si è concluso con 276 contrari e 275 a favore. Se il radicale, eletto con il Partito Democratico, avesse votato con l'opposizione il risultato sarebbe stato l'opposto. Al voto non hanno partecipato i sei deputati responsabili e gli esponenti del gruppo misto. Nel Pdl in 28 non hanno partecipato al voto: 13 in missione e 15 non partecipanti al voto. Molteplici defezioni anche nell'opposizione, dove mancavano otto deputati di Futuro e Libertà.