'Dagli a Libero, Diari e Pansa': così la sinistra fa i conti col passato

Giulio Bucchi

Ce l’aspettavamo. Nella sua introduzione alla collana di Libero che presenta gratuitamente i Diari di Mussolini (veri o presunti), Maurizio Belpietro aveva previsto la reazione dell’intellighenzia di sinistra alla nostra iniziativa: sdegno, indignazione e, ovviamente, fucile puntato su  Berlusconi, responsabile della riabilitazione del fascismo al fine di giustificare il proprio regime.   Ieri, su Repubblica, Michele Serra si strappava i capelli: «Se un giornale di sinistra proponesse ai suoi lettori un “Diario di Stalin” a puntate, i suoi lettori telefonerebbero al direttore per chiedergli se è uscito di senno, e se non si vergogna. Feltri e Belpietro, mettendoci la faccia, possono invece lietamente pubblicizzare i loro “Diari di Mussolini” (by Dell’Utri) senza ombra di imbarazzo e forse guadagnando qualche copia».  Forse l’amico Serra dovrebbe andarci più cauto. Intanto perché conosce poco o nulla la storia delle agende mussoliniane: non è stato Marcello Dell’Utri a scovarle, ma decine di storici e giornalisti (compresi gli amati cronisti inglesi del Times) si sono scomodati per esaminarle nel corso degli anni. E in molti casi si sono convinti che si trattasse di materiale autentico. Ma lo abbiamo già scritto. Altro ci interessa nel discorso di Repubblica. Intanto, non saremmo così sicuri che se un giornale di sinistra pubblicasse documenti di Stalin (diari non ne  esistono) le copie non aumenterebbero anche lì. Del resto, nella progressista Rai3 parlano del dittatore sovietico ogni due per tre e di spettatori interessati ce ne sono sempre. Soprattutto, però, pensiamo che forse sarebbe utile - in particolare a sinistra - rileggere le carte del tiranno. Da quelle parti manca una riflessione seria e approfondita sulla storia. Non solo quella del fascismo, ma pure quella del comunismo, sovietico e non. Infatti, a parte qualche radiosa eccezione, non ci sembra che gli studiosi si precipitino a decine negli archivi russi per cavarne carte inedite.  Ma vediamo come prosegue Serra: «Tanti passi indietro ha compiuto, negli anni di Berlusconi, la destra italiana, che un gadget per nostalgici può essere tranquillamente spacciato per divulgazione storica», scrive. Le uscite di Libero, dunque, sono «una cattiva notizia per la povera democrazia italiana». Non solo: «Questo ducismo a fascicoli è una pessima notizia per la destra, così affannosamente in cerca di una sua rivincita culturale da incartare le sue peggiori memorie dentro i suoi migliori anni di potere politico. Vincere non ha ingentilito la destra nostrana, l’ha ingaglioffita e fascistizzata».  Il discorso è  il solito: se pubblichi un documento è perché sei fascista. Ed è tutta colpa di Silvio, il quale vuole ammazzare l’antifascismo rivalutando il Puzzone. Una tiritera che giganteggia, fra i boati del trombone, anche nell’articolo firmato dallo storico Angelo D’Orsi su MicroMega. Il quale, non contento di prendersela con i nostri fascicoli, assalta ferocemente pure Giampaolo Pansa (che di questo studioso è già stato bersaglio, come racconta in I gendarmi della memoria, edito da Sperling)e Renzo De Felice. Intellettuali provienienti da sinistra e colpevoli, a suo parere, di avere sdoganato il Ventennio. Nemmeno D’Orsi ha letto i Diari di Mussolini che Libero pubblica. Dice che sarebbero falsi perché il Duce vi sostiene di «non volere la guerra» e raccomanda «provvedimenti blandi sugli ebrei». Che avrebbe dovuto scrivere, allora? Qualcosa tipo: «Scusate, sono un dittatore sanguinario, odio gli ebrei e gli inglesi, voglio rovinare l’Italia»? Ma per favore. Dalle agende che alleghiamo, non emerge l’immagine di un capo del fascismo “buono” o diverso da come gli storici avveduti (De Felice, per esempio) lo hanno raccontato. Così come dai documenti firmati da Stalin non emerge una figura positiva, benché egli si descriva come un sincero democratico. Si tratta di storia, materia che va trattata laddove possibile senza paraocchi ideologici. Per dimostrare che noi di paraocchi non ne abbiamo, domani pubblicheremo un discorso di Stalin. Ci faccia sapere poi Michele Serra che gliene pare. Per esempio quando il capo dell’Urss dice che accorderà «ai popoli europei liberati il diritto integrale e la piena libertà». Ci stupiremmo se il professorino di Repubblica ci accusasse di fare apologia del comunismo. Il modo migliore per capire Stalin, infatti, è leggere quel che diceva, poi fare il paragone con le sue azioni. Le stesse azioni che la sinistra italiana ha giustificato per anni, anche se non pubblicava diari. di Francesco Borgonovo